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Web Blog delle Libertà

13 gennaio 2006

Allucinazioni da partito democratico

Il Corriere della Sera di oggi rilancia con forza il tema del superamento dell'assetto politico del centrosinistra attraverso un articolo a firma di Pierluigi Battista in prima pagina e uno di Francesco Verderame a pagina 6. Naturalmente stiamo parlando della creazione del Partito democratico, da costruire preferibilmente alle spese dei Democratici di Sinistra, come sottolineato ancora oggi da Fabio Mussi su una lunga intervista che appare oggi su l'Unità a pagina 4. L'esortazione ai Ds a sciogliere le riserve, ad esprimere maggiore chiarezza sull'eventuale adesione al progetto di Rutelli e Veltroni si accompagna all'accusa di aver paura, di volersi arroccare «all'ombra delle antiche bandiere» come «risarcimento emotivo capace di compensare le amarezze del presente». Viene anche ricordato, come lezione da cui trarre giovamento, l'errore compiuto «quando i Ds aderirono con scarsa convinzione alla scelta prodiana di consacrare con le primarie la leadership del centrosinistra, salvo entusiasmarsi solo post factum...». Il Corriere si spinge anche più in la, arrivando a parlare di «zavorra del risentimento su un progetto unitario già molto complicato».
In effetti, di risentimento dei post comunisti verso gli alleati si può certamente parlare e l'Unità ne dà ampio risalto con la citata intervista all'esponente del Correntone. L'articolo inizia con l'accademico richiamo alla «campagna propagandistica» attribuita al centrodestra; si arriva ben presto al vero obiettivo, ovvero la forte denuncia del tentativo, da parte di «partiti, centri di potere, soggetti editoriali» di esercitare «Opa ostili alla Quercia». Queste forze sono quelle che «hanno di più messo i Ds sulla graticola». Il riferimento al quotidiano diretto da Paolo Mieli è evidente e confermato anche da Fassino, che ieri è intervenuto su Radio 24 criticando l'intervista a Napolitano apparsa ieri come «viziata da pregiudizio delle parole del senatore».
La tifoseria del principale quotidiano italiano per il partito democratico è infatti chiara da tempo, in questo va dato atto a Mussi di aver ragione. Oggi addirittura viene citato un Veltroni esaltato che vede nel Kadima israeliano «il sogno che diventa realtà, la dimostrazione che è possibile costruire qualcosa di nuovo attraverso l'abbraccio di culture e tradizioni differenti». In pratica il fantomatico nuovo partito della sinistra sarebbe il «Kadima italiano». Ora, si può anche non eccedere nell'ironizzare sul fatto che alcuni ex comunisti alla Veltroni amino importare le sigle politiche d'Oltreoceano, ma non possiamo lasciar passare questa fantasia sul Kadima senza fare alcune semplici riflessioni.
Il Kadima, che in ebraico significa «Avanti», è nato con un nome che vuole essere esplicito riferimento alla soluzione del conflitto con i palestinesi. Non si tratta quindi di un'operazione per unire tradizioni politiche differenti, come si vorrebbe fare in Italia mettendo insieme post comunisti e post democristiani. In quello scacchiere geografico ci sono problemi molto più seri che non trovare il modo per vincere le elezioni con nuove sigle e nuove geometrie politiche. Sharon ha imbastito un progetto politico coraggioso da grande statista perché si era reso conto che una grande coalizione non era sufficiente a garantire le basi per una reale integrazione, nelle differenze, tra popoli e culture in quella terra martoriata. Occorreva quindi interpretare politicamente il desiderio della maggior parte dei cittadini che vogliono convivere pacificamente con i palestinesi attraverso la creazione di un nuovo soggetto politico più coeso e unito da valori comuni. L'esperienza israeliana non dovrebbe essere confusa con i soliti tentativi di trasformismo nostrani.

Fonte: http://www.ragionpolitica.it