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Web Blog delle Libertà

30 gennaio 2006

Milano: le primarie smascherano le divisioni dell'Unione

Ieri si sono svolte a Milano le primarie dell'Unione che, anche se largamente annunciate negli scorsi mesi, hanno registrato un forte calo della partecipazione rispetto allo scorso 16 ottobre, quando la scelta riguardava il candidato alla presidenza del Consiglio. Circa ottanta mila persone si sarebbero recate ai 124 seggi allestiti presso gazebo, sedi di partito, consigli di zona, sedi di cooperative, associazioni e negozi. In occasione delle precedenti elezioni primarie erano state oltre centomila le schede votate in città, sempre secondo gli organizzatori.
L'ex prefetto Bruno Ferrante ha ottenuto, allo stato attuale dello spoglio, il 67.5% dei consensi. Secondo è arrivato il Premio Nobel Dario Fo con il 23.1%, a seguire i restanti due candidati che in sostanza correvano quasi unicamente per se stessi: Milly Moratti e Davide Corritore. Nonostante oggi l'Unità a pagina 4 e in parte minore il Corriere della Sera in un articolo a firma di Giangiacomo Schiavi a pagina 9, che parla di «vento di un cambiamento annunciato, incorniciato da una vittoria senza ombre» riferendosi alla vittoria di Ferrante, la verità sul significato politico dell'esito di questa consultazione è molto diversa da quella che alcuni vorrebbero far credere. Innanzi tutto prendiamo come dato di riferimento il 14.7% ottenuto da Bertinotti alcuni mesi fa in contrapposizione a Prodi che aveva ottenuto il 74.1%. In quell'occasione i media avevano sottolineato giustamente la sconfitta del leader di Rifondazione Comunista che puntava ad un più ampio risultato per condizionare l'alleanza. La macchina organizzativa ulivista, supportata dagli organi di informazione, era stata molto efficace nella mobilitazione dei propri elettori.
Consideriamo invece gli attuali numeri usciti dalle urne in rapporto al peso elettorale che ha il partito della sinistra estrema a Milano e alla grande macchina propagandistica messa in piedi soprattutto da Ds e Margherita attorno alla figura del «questurino» Ferrante, secondo la non proprio lusinghevole recente definizione di Fo. Innanzi tutto a Milano il partito della Rifondazione Comunista, in base ai recenti dati relativi alle elezioni regionali svoltesi pochi mesi fa, ha il 7% dei consensi. Rifondazione era inoltre l'unico partito che appoggiava il Premio Nobel in quanto i Verdi avrebbero votato soprattutto la moglie del presidente interista, mentre sulla sponda opposta vi erano, come l'Unità evita di menzionare, ben sette partiti: Ds, Margherita, Italia dei Valori, Comunisti Italiani, Rosa nel Pugno, Repubblicani Europei. Dario Fo infatti, non a caso, si lascia andare all'ironia nei confronti di coloro che vengono definiti come «uno staff» e «un esercito pronto a sbranare i suoi avversari» con chiaro riferimento alle tensioni che vi sono state in occasione della fase pre elettorale. Ricordiamo che i due aspiranti sindaci comunicavano a mezzo stampa senza nemmeno rivolgersi la parola in occasione degli incontri avvenuti durante le assemblee pubbliche.
Il 23.1% dei consensi è quindi un dato molto significativo per Rifondazione che potrà certamente avere una forte voce in capitolo al momento della stesura del programma per la città in vista delle vere elezioni previste per maggio. Il cosiddetto popolo della sinistra, banchieri e stilisti a parte, non sembra riconoscersi in un ex prefetto che addirittura per meglio accreditarsi ai suoi occhi sente il dovere di precisare - quasi come se rappresentare le forze dell'ordine fosse una vergogna e come riportato a pagina 8 del Corriere della Sera - di non essere mai stato un poliziotto: «Non sono mai stato uno di loro. Ho fatto carriera civile, non ho mai avuto un'arma e non ho mai sparato un colpo».
La questione della scelta del candidato è la ragione principale che può spiegare il mezzo passo falso del centrosinistra con queste primarie. Bruno Ferrante è stato scelto, dopo che la Margherita aveva bruciato l'ipotesi Veronesi, perché ritenuto uno strumento utile per tentare di ottenere consensi al di là del tradizionale steccato dei voti di sinistra che a Milano sono sempre stati largamente minoritari. In una città come Milano, che avverte il problema della sicurezza in maniera molto forte, scegliere un ex prefetto come candidato poteva rappresentare un modo per intercettare i moderati che tanta fiducia avevano dato ad Albertini. Tuttavia, poiché la politica non segue le regole della pura aritmetica, quando ci si vuole mascherare da qualcosa che non si è si rischia di veder migrare il proprio elettorato su posizioni più oltranziste da sinistra dura e pura come quelle tanto ben incarnate da Dario Fo.
Il celebre attore di teatro è riuscito quindi a offuscare l'anonima e grigia figura dell'ex prefetto che ora teme addirittura che Rifondazione chieda la poltrona di vicesindaco pe il suo candidato . Le primarie, da strumento finalizzato a mascherare le grandi contraddizioni interne all'Unione, rischiano quindi di divenire un boomerang per il centrosinistra che, nelle prossime settimane, dovrà vedersela con le richieste politiche e programmatiche di Rifondazione. Del resto secondo Dario Fo i suoi sono «voti pesantissimi» e in riferimento al sostegno a Ferrante afferma la necessità di sedersi «davanti a un notaio».

1 Comments:

Anonymous Anonimo said...

e le due o tre Letizie riusciranno a stare unite?

http://www.gianfalco.it/?p=43

15:08  

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