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Web Blog delle Libertà

13 marzo 2006

Guerriglia a Milano: la sinistra tenta di scaricare la propria responsabilità

Corso Buenos Aires, Sabato mattina. La via dello shopping per antonomasia diventa il teatro di un'azione di guerriglia che riconduce la mente ai fatti di Genova del 2001. Un sole intenso dà il benvenuto alle numerose famiglie rimaste a Milano per il fine settimana che, in attesa di pranzare finalmente tutti insieme dopo una settimana di lavoro, passeggiano guardando qualche vetrina iniziando a pensare agli acquisti primaverili. Nel pomeriggio è previsto un corteo autorizzato del partito Fiamma Tricolore come è normale che accada in epoca di campagna elettorale. Genitori, mano nella mano con i propri figli, entrano nei bar e nei fast food per fare uno spuntino senza poter immaginare quanto sta per accadere.
Sono quasi le 12.00 quando diverse decine di persone incappucciate e munite di zaini sbucano dalle vie laterali e iniziano a radunarsi come un branco nel grande viale. Poco dopo, il cielo da azzurro si fa grigio e poi nero a causa del fuoco appiccato ai cassonetti. Il fumo serve a creare un diversivo per il branco che inizia a incendiare anche alcune auto parcheggiate lungo il corso. Questo non è tuttavia abbastanza per coloro che vogliono manifestare la propria contrarietà al diritto di espressione garantito da ogni vera democrazia. Infatti, poco dopo viene preso d'assalto con bottiglie molotov un centro di propaganda di Alleanza Nazionale, le vetrine di alcuni negozi e naturalmente non può mancare l'assalto con bombe carta imbottite di chiodi alle forze dell'ordine, preventivamente schierate, e ai soliti McDonald e Nike odiati simboli del capitalismo americano.
Dopo alcune ore le forze dell'ordine hanno ristabilito la sicurezza, fatto intervenire i vigili del fuoco e arrestato una quarantina di persone, accusate di devastazione e saccheggio, resistenza e violenza a pubblico ufficiale. Trattasi per metà di aderenti ad alcuni centri sociali milanesi. I fatti di Sabato sono di una gravità assoluta e rappresentano un ennesimo episodio di violenza politica da parte di ambienti collegati ad alcune forze politiche dell'Unione. Evidentemente non bastava quanto accaduto solo pochi giorni fa a Padova quando 150 disobbedienti avevano causato tafferugli nel tentativo di impedire un'altra manifestazione democratica, quella volta della Lega Nord. Il 12 gennaio fu la volta invece di Bergamo, il pretesto per incendiare le auto era una protesta contro il sistema carcerario. Tiepide condanne anche per l'occupazione di uno stabile situato a pochi passi da corso Buenos Aires avvenuta a novembre da parte di un gruppo di cittadini di origine africana, sotto la regia dei centri sociali milanesi e dell'associazione Action che a Roma gode dei finanziamenti della giunta Veltroni.
La violenza dei no global sembra quindi essere, più che un fatto accidentale, un modello di lotta politica organico alla sinistra, come giustamente ha fatto rilevare anche il candidato sindaco Letizia Moratti. In quest'ottica dobbiamo considerare anche le proteste delle frange estreme dei cosidetti no Tav, le proteste contro degassificatore bloccato in seguito dalla giunta Vendola, la centrale Enel contestata a Civitavecchia con blocchi sulla Via Aurelia. Oltre a quanto detto occorre fare un ragionamento anche sul rapporto che gli atti di delinquenza politica hanno con il tipo di campagna elettorale portata avanti dall'intera Unione. I leader cosiddetti moderati della sinistra si sono resi infatti protagonisti in questi anni di governo del centrodestra della demonizzazione degli avversari politici indicati troppo spesso come «pericolo per la democrazia» oppure, come nel caso specifico di Berlusconi, «responsabili dello sfascio dell'Italia». Tutto questo non fa altro che legittimare indirettamente i violenti.
Dopo i fatti di Milano ci si dovrebbe attendere un cambio di rotta da parte dell'Unione nei toni e soprattutto l'isolamento e l'esclusione dallo schieramento delle frange più estreme. Al contrario stiamo assistendo in questi due giorni ad un vergognoso tentativo di smarcarsi politicamente dai protagonisti dei fatti milanesi. Le conseguenze sulla campagna elettorale sono il primo pensiero dei Ds. L'Unità di ieri dedica due pagine alla guerriglia milanese, che esordisce cercando di scaricare ogni responsabilità sui «black-bloc venuti da fuori». Vengono riportate le dichiarazioni di alcuni dirigenti locali di Rifondazione che parlano di gente venuta dall'estero con «presenze isolate» dei centri sociali milanesi. Vi è anche il tentativo irresponsabile di equiparare i teppisti con i manifestanti della Fiamma attraverso un accostamento di due foto in prima pagina.
Il giornale diessino, essendo già rosso non lo può divenire per la vergogna, si spinge oltre alludendo ad una possibile regia esterna. L'intervistato d'eccezione di ieri, il presidente della Provincia di Milano Penati, non trova di meglio da dire che polemizzare con la giunta milanese sostenendo come il disagio sociale dei giovani a Milano sia figlio di colpe e mancanze del centrodestra. Tesi da scarica barile di chi fa finta di non conoscere quanto sia stato fatto a Milano per promuovere l'associazionismo giovanile anche attraverso la realizzazione di centri giovani finanziati dal Comune, affermazioni persino smentite da chi sullo stesso quotidiano parla di gente venuta da fuori per scaricare ogni responsabilità. Parole di chi, confuso dalla campagna elettorale e da quasi due anni alla guida dell'Ente provinciale, si è distinto in materia di attenzione ai giovani unicamente per aver conferito il prestigioso Premio Isimbardi all'Associazione Mamme Antifasciste del centro sociale abusivo Leoncavallo, il cui leader storico Farina, già consigliere comunale di Rifondazione, è come Caruso candidato alla Camera.
Come riportato da alcuni quotidiani ma casualmente non da l'Unità, ieri un consigliere di Rifondazione che sostiene Penati, Pietro Maestri, ha partecipato alla manifestazione dei centri sociali davanti al carcere di San Vittore per solidarizzare con gli arrestati. In quest'occasione alcuni organizzatori della guerriglia di sabato hanno attribuito la responsabilità degli scontri alle forze dell'ordine che non hanno impedito il corteo della Fiamma Tricolore. La sinistra cosiddetta riformista che pretende di avere i titoli per governare l'Italia, mostra per l'ennesima volta di non avere il coraggio, avuto ad esempio da Schroeder e da Blair, di isolare gli estremisti rigettando un certo modo di fare lotta politica. Questo ostinarsi a nascondere le proprie responsabilità dimostra una carenza di senso delle istituzioni.