Google
 
Web Blog delle Libertà

16 febbraio 2006

Il crocifisso come simbolo di libertà

Alcuni anni fa, precisamente nel 2001, un tale Adel Smith presidente dell'Unione musulmani ruppe il suo anonimato mettendo in piedi una violenta polemica contro la presenza del crocifisso nelle scuole. L'uomo arrivò a definire il simbolo della Cristianità come «un cadaverino appeso al muro» che creava turbamento e spaventava i bambini. Fu certamente un'espressione esecrabile che gli costò anche qualche percossa, controbilanciata dalla soddisfazione di vendere molte copie dei suoi libri. Probabilmente in parte condizionati da questo episodio, due genitori di Abano Terme avevano dato il via quattro anni fa ad una battaglia legale per chiedere la rimozione del crocifisso dalla scuola frequentata dai figli.
L'avventura era cominciata prima nell'istituto e quasi subito si era trasferita in ambito giudiziario attraverso la presentazione di un ricorso al Tar del Veneto. Il tribunale regionale si era rivolto a sua volta alla Corte Costituzionale. Questa, impossibilitata a decidere su una questione che non riguardava alcuna legge ma unicamente due regolamenti del 1924 e del 1927 in materia di arredi scolastici, aveva chiesto al Consiglio di Stato di esprimersi in merito. La sentenza arriva ieri, diciannove pagine scritte da Giorgio Giovannini della sesta sezione, ruota attorno al concetto di laicità, di valori e tradizioni di un popolo in rapporto all'autorità. Ecco il passo significativo: «La laicità, benché presupponga e richieda ovunque la distinzione tra la dimensione temporale e la dimensione spirituale e fra gli ordini e le società cui tali dimensioni sono proprie, non si realizza in termini costanti e uniformi nei diversi Paesi, ma pur all'interno della medesima civiltà è relativa ala specifica organizzazione istituzionale di ciascuno stato, e quindi essenzialmente storica, legata com'è al divenire di questa organizzazione».
"Il Corriere della Sera" da la giusta attenzione a questa notizia dal profondo significato culturale che, inevitabilmente, ha visto le forze politiche dividersi sui commenti. Mentre sul quotidiano di via Solferino la notizia trova anche un richiamo in prima pagina, sul l'Unità si ritiene invece più importante evidenziare il tema della candidatura al Parlamento del suo ex direttore Furio Colombo, nemmeno interessante come Luxuria, relegando la questione del crocefisso all'interno sotto un articolo che polemizza con il governo in tema di caduta del mercato dei polli a causa della psicosi da aviaria. Nonostante le poche righe spese per questo argomento il giornale diessino trova comunque lo spazio per accusare il centrodestra di fantomatiche strumentalizzazioni politiche la sentenza, evidenziando con condivisione anche le reazioni dei nuovi alleati della Rosa nel Pugno che usano espressioni come «insulto ai principi di laicità ed uguaglianza».
Tra i favorevoli alle argomentazioni del Consiglio di Stato il ministro La Loggia, che ha sottolineato come la sentenza sia particolarmente importante «in questo momento in cui si fa una pericolosa confusione tra il concetto di tolleranza e quello di svendita dei propri valori». Tale sentenza esprime chiaramente il concetto che la laicità di uno Stato non è, ne tanto meno dovrebbe essere aggiungiamo noi, imposta per legge dall'alto ma è un concetto in evoluzione, legato e non contrapposto al bagaglio di tradizioni, valori e storia che fanno di un insieme di persone un popolo e una nazione. Queste cose i laicisti e i radicali di fatto della sinistra non le comprendono, intenti come sono a cavalcare frasi ad effetto per acquisire brandelli di visibilità. In questo, con le dovute differenze, non sono molto diversi da quello Smith.