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Web Blog delle Libertà

03 aprile 2006

Colpevolezza di classe

Il tema della tassa di successione tiene banco in questi giorni a causa del ridicolo balletto delle cifre che ha avuto come sceneggiatori e attori protagonisti i vari Prodi, Bertinotti e Rutelli. Il primo è addirittura riuscito a prodursi in una doppia sparata: a distanza di poche ore ha individuato come base su cui applicare la reintroduzione della tassa di successione prima i 250 mila euro di patrimonio poi i 500 mila. Bertinotti non poteva essere da meno, facendosi scavalcare da un «cattolico adulto» e ha rilanciato al ribasso: 180 mila euro, il costo di un monolocale in molte città. Rutelli e il Corriere della Sera hanno lanciato un monito ai due simpaticoni chiedendo la cortesia, se possibile, di non adoperarsi per rendere più facile la sconfitta alle elezioni ed invitandoli ad optare per il silenzio preventivo, rimandando il tutto a dopo il 10 aprile.
Del resto ci sono cose più importanti da portare a casa da un'eventuale vittoria elettorale, a partire dalla minuscola riduzione delle tasse sui conti correnti che tanto bene potrebbe fare agli amici banchieri sempre alla ricerca di nuovi fondi da investire nel grande capitalismo decotto italiano. Per non parlare della diminuzione delle tasse alle grandi aziende, da equilibrare con un aumento alle piccole medie imprese, che hanno pochissimi dipendenti e che per questo sfuggono alla penetrazione sindacale e a quella tavola imbandita chiamata «concertazione».
Nonostante gli epici sforzi profusi dai botanici dell'Ulivo, la tassa di successione è un odiato e temuto mostro che è stato risvegliato e minaccia la fertile «della valle». Per cercare di farlo apparire meno terrificante occorre il sapiente lavoro dell'intelletto e del sinistro moralismo. L'Unità accetta la sfida e titola oggi in prima pagina: «Una giusta successione» firmato da Gianfranco Pasquino.
Il giornale diessino inizia la sua analisi sulla tassa di successione proponendo un'analisi «dei provvedimenti» fiscali in modo tale da essere «opportunamente analizzati in chiave sociologica». Infatti è «giusto che , in una certa misura, i genitori abbiano la possibilità di consegnare una parte delle risorse che hanno guadagnato e accumulato». L'analisi sociologica de l'Unità continua affermando che «una non alta soglia di esenzione dalle tasse di successione non crea conseguenze negative o distorsioni nella vita di una comunità». Poco dopo arriva il pezzo forte dell'articolo che spiega bene il pregiudizio ideologico della sinistra nei confronti del ceto medio e medio alto. Per motivare la reintroduzione della tassa sulla morte viene sottolineato come «l'accumulazione di ricchezza può essere avvenuta in vari modi, naturalmente, anche in modi illeciti, in particolare quando si tratta di grandi ricchezze». Quindi tassare chi ha saputo risparmiare e crearsi una certa stabilità economica è moralmente giusto, in quanto si tratta certamente di una persona che ha rubato, a meno che sia in grado di dimostrare il contrario.
Quanto sostenuto è di una gravità estrema in quanto si tende, come spesso fa la sinistra post comunista e quasi sempre il giornale diessino, a dividere i cittadini tra buoni e cattivi, onesti e ladri. Una volta si è moralmente inferiori perché non si vota a sinistra, un'altra si è «teledipendenti» e culturalmente inferiori perché si vota Berlusconi. Questa volta si afferma che i benestanti sono tutti ladri e quindi vanno colpiti con la reintroduzione della tassa di successione. C'è veramente da chiedersi come un cittadino possa sentirsi tranquillo a vivere in un paese dove una parte del mondo politico non dialoga realmente con le persone allo scopo di migliorare la vita di tutti, ma le considera fazioni in guerra. Da una sinistra di questo tipo, che propaganda l'dio di classe come ai tempi di Stalin, ci si può aspettare di tutto e si deve realmente convenire con il Premier sui pericoli per la libertà derivanti da una loro eventuale conquista del governo del paese.