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Web Blog delle Libertà

27 febbraio 2006

Milano: 12 mila in festa ad accogliere Berlusconi

Il Mazdapalace di Milano ha ospitato sabato mattina l'incontro del popolo di Forza Italia con il suo leader Silvio Berlusconi. Nonostante la giornata fosse piovosa le persone, per assicurarsi i posti migliori, erano già in fila ai cancelli fin dalle otto, ovvero ben un ora e mezza prima dell'inizio preventivato della manifestazione. Passati i cancelli si accedeva ad una grande tenda azzurra dove tavoli organizzati dai militanti azzurri venivano letteralmente presi d'assalto da donne, uomini, ragazze e ragazzi che volevano assicurarsi i gadgets e il materiale informativo di Forza Italia, soprattutto i cappellini con la scritta «Berlusconi Presidente». Alla fine del tendone si trovava la vera entrata del palazzetto, scese le scale e passata la zona bar si aveva accesso alla platea e agli spalti che si riempivano velocemente ma con grande ordine. Grandissimo il numero dei giovani che si distribuivano ovunque ben al di la della zona ad essi dedicata. Nell'attesa che arrivasse il presidente Berlusconi suonavano le note dell'inno del movimento e di «Azzurra Libertà», motivo presentato la prima volta nel 2000 con la Nave Azzurra, che venivano accompagnate dal coro. Ogni volta che il volume veniva alzato, pensando che ciò annunciasse l'ingresso del Premier, il pubblico si alzava in piedi ad applaudire sventolando con ancora più vigore le bandiere tricolore di Forza Italia. L'atmosfera festosa e amichevole non poteva fare a meno di contagiare tutti, incluso il sottoscritto intento a prendere nota di quanto stava accadendo. I ragazzi del Motore Azzurro e i giovani de il Circolo, chiaramente riconoscibili dalle loro allegre felpe con tanto di loghi, aiutavano nel servizio d'ordine e distribuivano bellissimi iris a tutte le ragazze e le donne presenti.
L'arrivo di Berlusconi è stato accolto dall'inno nazionale e da un fragore di applausi che è durato diversi minuti e che ha fatto pronunciare al Premier la frase scherzosa: «Siete voi il mio spinello!» alludendo a ciò che realmente può caricare una persona, l'affetto di così tanta gente. «Vi nomino tutti missionari di verità» sono state alcune tra le prime parole pronunciate dal leader al suo popolo. L'esortazione rivolta a tutti i presenti a prodigarsi per spiegare agli amici e ai conoscenti quali sono stati i numerosi successi conseguiti dal Governo più lungo della storia della Repubblica.
Ogni iniziativa presa dal Governo, ha spiegato Berlusconi, prende forma dal tipo di concetto che uno schieramento politico ha della società e dello stato. La sinistra ha come riferimento uno Stato che invade gli ambiti della società restringendo il livello di libertà dei cittadini. Un esempio lampante della differenza di impostazione tra la Cdl e l'Unione vi è, ad esempio, con la proposta di legge presentata dalla sinistra per sostituire l'anno di leva obbligatoria con uno da impegnare con il servizio civile, oggi volontario. Idea contraria alla libertà dell'individuo e nemmeno necessaria visto il grande incremento di adesioni a tale servizio voluto dal governo come possibilità e non come imposizione per coloro che vogliano aderire. La sinistra, ha continuato il Premier, ritiene di poter organizzare un mondo perfetto in cui tutti hanno secondo il proprio bisogno e non su basi meritocratiche. Idea mai realizzata nella pratica da quella che è stata «l'impresa più disumana della storia: il comunismo». Ideologia fallimentare alla quale hanno sempre creduto i politici di professione della sinistra.
La vera scelta del 9 e 10 aprile è, quindi, tra chi vuole promuovere la libertà e chi la supremazia dello stato sulla persona. Una supremazia da raggiungere anche per sistemare le proprie clientele attraverso la moltiplicazione di enti e autorities. Il partito delle tasse vorrebbe, in caso di vittoria elettorale, contrastare il debito pubblico ereditato dal passato attraverso l'imposizione di nuove tasse come ad esempio quella sulle seconde case approvata dalla Regione Sardegna, oppure colpendo i risparmi come bot, cct e titoli azionari.
Una parte importante delle considerazioni sull'operato del Governo è stata posta sul tema della politica estera. L'Italia, precedentemente a questi cinque anni, non era considerata in ambito europeo perché ritenuta inaffidabile per non avere una linea coerente e ben definita. Un episodio di inversione di rotta in tal senso è rappresentato dall'aver ottenuto per il nostro Paese la sede dell'Agenzia europea per l'Agricoltura che Prodi, da Commissario europeo, aveva quasi regalato alla Finlandia. Altro esempio di un nuovo peso dell'Italia nello scacchiere europeo è quello di essere riusciti ad imporre come nuovo Presidente della Commissione Ue un esponente del partito popolare contro il volere di Francia e Germania. Un'importanza assunta anche a livello mondiale dopo il minimo storico raggiunto con l'operazione Ochalan voluta dal governo presieduto da D'Alema. L'Italia avendo perseguito l'idea di un Occidente compatto con saldi rapporti tra Usa e Unione europea ha saputo contribuire anche a far avvicinare la potenza russa all'Alleanza atlantica, grazie al G7 del 1994 e il G8 del 2001, con la speranza di aver prodotto un fronte saldo per le prossime sfide del mondo moderno, in primis quella del terrorismo fondamentalista di matrice islamica.
L'intervento è quindi tornato su temi prettamente nazionali quali quello della riforma costituzionale, che porterà ad un dimezzamento dei tempi di approvazione delle leggi, ad un premierato forte come nel resto d'Europa e alla devolution che, attribuendo alle regioni l'esclusività dell'organizzazione sanitaria e scolastica, conduce ad una maggiore responsabilizzazione delle istituzioni davanti ai cittadini.
Altri temi di particolare importanza che sono stati affrontati riguardano il progresso della Nazione: la digitalizzazione della pubblica amministrazione, l'attuazione del piano delle infrastrutture, la legge Biagi. Per ciascuno di questi argomenti sono stati evidenziati gli straordinari risultati raggiunti dal Governo. A seguire è stata illustrata la riforma scolastica, l'istituzione del poliziotto e del carabiniere di quartiere e i conseguenti successi ottenuti in termini di riduzione degli episodi criminosi, la riforma della protezione civile, per non parlare dei tanti codici approvati che hanno consentito la sostituzione di una miriade di leggi con poche norme fondamentali e chiare.
Berlusconi ha voluto lasciare per la fine dell'incontro l'illustrazione di alcuni dei punti del nuovo programma della Cdl, che non può che basarsi soprattutto sulla continuazione di quanto fatto con l'esperienza di governo. Non è mancato un riferimento a Letizia Moratti, con un augurio che è anche certezza di vederla presto sindaco di Milano e una promessa. L'impegno a non lasciare la politica fino a quando in Italia i cittadini non avranno raggiunto la certezza di poter contare su una magistratura veramente efficiente e trasparente grazie alla separazione delle carriere. L'ultimo saluto Berlusconi l'ha voluto dedicare ad un gruppo di cittadini particolare: coloro che furono i fondatori dei Comitati civici nelle elezioni del 1948, quando ancora una volta la scelta era tra chi difendeva la libertà e chi faceva riferimento all'ideologia comunista e tutti furono chiamati alla coerenza del voto cattolico.

24 febbraio 2006

La strategia della sinistra per nascondere i veri estremisti

L'Unità di oggi accusa il Corriere della Sera di non aver legato il nome del leader della Fiamma Tricolore, autore di alcune frasi infelici sul tema delle persecuzioni agli Ebrei, a Silvio Berlusconi. Il maggiore quotidiano nazionale, che certamente non può essere annoverato tra i pochi organi di informazione vicini al Premier, avrebbe dovuto sottolineare maggiormente «l'accordo a parole con la Casa delle libertà» che avrebbe il partito di destra. Lecito chiedersi se l'attacco al Corriere sia in qualche modo una conseguenza delle cronache particolarmente complete apparse nei giorni scorsi in merito al corteo organizzato da Verdi e Comunisti Italiani a Roma, in occasione delle quali si sono messe al rogo bandiere israeliane. Chissà allora come il «moderato» Furio Colombo, autore dell'editoriale di oggi de l'Unità, potrà pensarla leggendo il quotidiano di via Solferino in cui si fa riferimento alla possibile candidatura al Senato di Mario Coen, un ebreo che fa parte del piccolo partito di Romagnoli e che un tempo aderì alla Repubblica di Salò.
Quindi, per coerenza, ci aspettiamo che domani, dalle striminzite pagine del giornale dei post comunisti, arrivi un'accusa a Mieli sull'episodio di mancata partecipazione alla campagna di discredito del Premier, mascherata da eccessivo revisionismo storico. L'editoriale di Colombo, di cui abbiamo fatto cenno, si occupa di presentare un presunto filo logico di avvenimenti che dimostri la deriva estremista della Cdl. Ecco, quindi, iniziare con la tesi di un'Italia che «ha distrutto decenni di vita democratica ispirata ala Resistenza» e ai patti di civiltà «contratti con gli altri paesi del mondo attraverso le Nazioni Unite». Insomma, una vera e propria catastrofe, l'alba di un'era nefasta e catastrofica per il Paese. I colpevoli di tanta devastazione? Naturalmente Berlusconi complice di lavorare ad accordi elettorali con le forze di destra che fanno riferimento alla Mussolini, che solo un anno fa fu aiutata a raccogliere le firme per presentare la lista alle regionali da esponenti del centrosinistra.
Poiché la questione del rogo delle bandiere israeliane non può essere totalmente tacitato, ecco allora descrivere il corteo di sabato scorso come un evento «quasi del tutto disertato dalla sinistra», in cui la vergognosa frase del sindaco comunista di Merano, «Israele è un pugno nello stomaco dell'umanità», viene spersonalizzata come se fosse stata pronunciata da una persona qualsiasi senza alcuna responsabilità istituzionale. Un corteo voluto da due forze fondamentali del centrosinistra come Verdi e Pdci, a cui hanno partecipato esponenti di Rifondazione Comunista come Ferrando. Era presente, come organizzatore, anche Diliberto, ex ministro della giustizia per i governi della sinistra, altro che diserzione! La strategia comunicativa dei vari Furio Colombo di turno di questi ultimi giorni, appare come il maldestro tentativo di nascondere l'esistenza dei veri estremisti che costituiscono l'Unione e che hanno concorso alla stesura delle lacunose linee programmatiche della coalizione di centrosinistra. Gli italiani, però, non sono stupidi e sanno bene che nel centrodestra non trova dimora chi usa oggi, nel 2006 e non sessanta anni fa, la violenza come strumento per perseguire le proprie idee politiche. Al contrario, questi personaggi vorrebbero sedere in parlamento a poche poltrone di distanza da Furio Colombo.

22 febbraio 2006

Tutti pazzi per i no global

Istigazione a delinquere e violazione della legge sui reati d'opinione sono le ipotesi di reato che la Procura di Roma contesta a quei manifestanti che, in occasione del corteo organizzato sabato scorso da Verdi e Pdci, avevano inneggiato alla strage di Nassiriya e bruciato le bandiere di Stati Uniti e Israele. Finalmente dalla magistratura la buona notizia di un'iniziativa in difesa dell'Italia e dei suoi caduti dopo che nei giorni scorsi avevamo tutti dovuto apprendere con rammarico che reclutare terroristi non costituisce reato, purchè essi operino altrove.
Prodi, impegnato in questi giorni nel suo tour al Sud a promettere soldi a tutti dalla nascita alla morte in deroga al vuoto del suo programma, ha trovato il tempo per condannare quanto accaduto sabato. «Stigmatizziamo atti di violenza come l'aver bruciato le bandiere israeliane e la condanna è chiara, dura, senza appello.» Il Professore, come riporta il Corriere della Sera, continua affermando che «nessuna delle forze politiche che aderiscono alla coalizione ha una qualche forma di contiguità con quanti sono stati capaci di gesti tanto gravi e ingiustificabili». Prodi mostra di non aver trovato il coraggio di puntare il dito nella direzione di chi con questi personaggi ama dialogare e condivide le opinioni espresse. Il riferimento va al Pdci, ai Verdi e a Rifondazione Comunista e a parte dei Ds che a vario grado e con differenti sfumature sono la rappresentazione partitica dell'estremismo politico.
E' una parte fondamentale della sinistra italiana senza la quale l'Unione non potrebbe mai aspirare a vincere le elezioni. I consoli del Pdci Diliberto e Rizzo si affannano a voler dare all'opinione pubblica moderata un'immagine diversa di quello che è la sinistra radicale. Inutili le smentite nei riguardi del sindaco di Marano che ha definito lo stato di Israele come «un pesante pugno nello stomaco dell'umanità» cui farebbe «con molto piacere» volentieri a meno. I no global non sono riducibili a semplice fenomeno della società civile, sono una visione politica ben precisa della sinistra di cui tanti si contendono le grazie. Bertinotti come è noto candida il leader dei no global del sud Caruso che ieri ha definito la sovversione come «non un diritto ma un dovere». Gli stessi vertici dell'associazionismo organizzato di sinistra guarda a questo mondo con simpatia e accondiscendenza.
Su l'Unità di oggi troviamo un'intervista al presidente nazionale dell'Arci che sottolinea l'importanza di non emarginare i cosiddetti «movimenti». Riferendosi esplicitamente ai no global avverte l'Unione che un eventuale «governo di centro-sinistra non andrebbe da nessuna parte senza il sostegno, anche conflittuale, dei movimenti e della partecipazione popolare». L'Arci rivendica quindi un ruolo diverso da quello del passato che contempli un «comune denominatore delle diverse esperienze, basate in modi diversi su un progetto di cittadinanza». La sinistra italiana, cementata unicamente dall'anti berlusconismo, sembra voler sacrificare il suo processo di modernizzazione nel tentativo di conseguire una vittoria elettorale senza prospettive di governabilità. Questo è un danno per il Paese a cui servirebbe al contrario di mostrarsi coeso sulle questioni fondamentali che attengono agli interessi nazionali. D'Alema e Fassino vogliono fare i socialisti europei senza possedere il coraggio politico di Blair e Schroeder.

20 febbraio 2006

Corteo antisemita, silenzio di Prodi

Sabato scorso è stato organizzato a Roma da Verdi e Comunisti Italiani un corteo a favore della Palestina, contro Israele e Stati Uniti. Una volta ancora, come italiani, ci è toccato registrare l'opera vergognosa di chi professa una cultura dell'odio, di chi sotto le bandiere rosse vilipende il ricordo dei nostri militari uccisi a Nassiriya.
Su l'Unità di oggi troviamo l'auto-assoluzione di uno degli organizzatori della manifestazione, Marco Rizzo, che sminuisce l'accaduto prendendo le distanze dai «tre idioti o tre provocatori messi li apposta». Il leader dei Comunisti Italiani solo poche righe dopo si contraddice affermando con orgoglio che manifestazioni di questo tipo servono a «portare a votare tutti quelli di sinistra».«Ogni voto serve a battere Berlusconi» concludendo con soddisfazione con l'affermazione che «i due terzi del corteo erano composti da elettori di Rifondazione Comunista».
Leggendo il «Corriere della Sera» troviamo un quadro più chiaro sull'accaduto e su quanto realmente si possa parlare di voci isolate piuttosto che di sentimento diffuso di comprensione e di giustificazione dei comportamenti dei fondamentalisti islamici da parte dei militanti dell'estrema sinistra. Viene infatti citato un articolo apparso su «il Manifesto» di ieri in cui il coordinatore dei giovani di Bologna del partito di Rizzo e Diliberto spiega, riguardo agli attentati kamikaze, che: «bambini o non bambini sono finezze da occidentali, se dovessi passare sei ore a un check point per andare in ospedale, non ci penseresti».
A questo tipo di sinistra che gioca a rimpiattino con i temi dell'antisemitismo e del terrorismo risponde l'ambasciatore israeliano Gol affermando che il «gesto disgustoso» di bruciare la bandiera è particolarmente grave in quanto è avvenuto «nel giorno in cui entrava come primo partito nel Parlamento palestinese una formazione che si prefigge di distruggere il nostro Paese». L'ambasciatore chiede chiaramente alla sinistra di fermare l'antisemitismo. «Va bloccato prima che vada avanti».
Intanto Alleanza nazionale ha chiesto Ciampi di intervenire come ha fatto con Calderoli. Ma non possiamo evitare di sottolineare la profonda differenza tra i due episodi. Il gesto dell'ex ministro è stato sicuramente inopportuno visto il ruolo istituzionale ma in se non aveva nulla di violento. Ci chiediamo invece dove sia Prodi e perché non senta il dovere di condannare gli antisemiti che Rizzo vuol portare a votare per lui. Anche in rapporto a questo episodio il Professore non si dimostra all'altezza politica di Berlusconi.
Il Premier di fronte al rischio di una crisi dei rapporti internazionali dell'Italia ha saputo comportarsi da statista anteponendo la ragion di stato agli interessi elettoralistici arrivando a chiedere le dimissioni di un ministro appartenente ad uno dei partiti più leali della CdL. Prodi al contrario è disposto ad accettare qualsiasi cosa pur di cercare di vincere le elezioni. Ci dovremmo chiedere quanto manifestazioni come quelle di Roma nuocciano alla nostra immagine internazionale e quanto possano concorrere a favorire comportamenti estremistici. Governare un grande paese occidentale richiede persone con idee per mantenere salda la guida delle istituzioni. Per questo gli italiani non faranno prevalere alle elezioni uno schieramento politico in cui gli estremisti sono coperti dalla maschera di un Prodi qualsiasi.

17 febbraio 2006

I sondaggi puniscono una sinistra impresentabile

Il ritorno di Berlusconi alla comunicazione in prima persona, complice un clima più sereno all'interno della coalizione del centrodestra, sta avendo un effetto dirompente sull'opinione pubblica. Parlare delle cose fatte dal Governo rappresenta la migliore credenziale per i futuri impegni in un rapporto diretto con gli italiani. Argomenti ed idee dai contorni definiti che contrastano con l'incapacità della sinistra di prendere impegni chiari davanti agli italiani.
Il centrosinistra, nonostante Prodi ostenti tranquillità, si sta perfettamente rendendo conto che il clima è cambiato. Sul Corriere della Sera di oggi vengono riportate alcune affermazioni di De Mita secondo cui «gli elettori incerti che fino a un mese fa guardavano a noi, ora sono perplessi a causa della conflittualità». Una conflittualità che, aggiungiamo noi, si sta cercando di mascherare attribuendo alla controparte accuse di voler ricercare alleanze elettorali con persone «impresentabili». Alcuni giorni fa La Malfa, presenziando a Ballarò , ha giustamente osservato - la cosa non ha avuto il risalto che meritava - come la discesa in politica di Berlusconi abbia consentito alla destra di abbandonare le posizioni più estreme, accettando l'onere e l'onore di condividere l'esperienza di Governo del Paese divenendo parte integrante della vita democratica. Ha rivendicato per Berlusconi lo stesso successo che altri nella Prima Repubblica avevano avuto lavorando per il dialogo e il riconoscimento politico del Pci.
Il vecchio Movimento Sociale non era forse considerato impresentabile come o addirittura peggio del movimento politico di Alessandra Mussolini? Nel 1993 parte della stampa italiana aveva definito Berlusconi il «cavaliere nero» solo perché, intervistato sulle preferenze riguardo i candidati sindaco di Roma, aveva preferito l'attuale leader di An a Rutelli. Adesso politici come Fini hanno un riconoscimento internazionale e sono addirittura additati dai leader Ds come stimabili interlocutori, da preferire anche al liberale Berlusconi.Le forze politiche vanno giudicate in base alla loro volontà di aderire ad un progetto di governo e di guardare al futuro. Nel centrodestra il progetto, il programma, lo fanno i partiti che hanno governato assieme in questi cinque anni e sulla «barca» sale solamente chi è disposto ad accettarne la rotta remando nella medesima direzione.
La stessa cosa non si può dire che accada nell'Unione dove un partito come Rifondazione Comunista è protagonista e non accessorio. Un partito al cui interno non sopravvive solo il ricordo nostalgico per gli errori del passato ma anche gli autori delle opere del presente. Ci sono gli ammiratori di Hamas e dei dittatori comunisti d'oltreoceano, i sostenitori del teppismo organizzato di piazza, coloro che vogliono eliminare la proprietà privata, coloro che sono contro la modernità assieme ai cugini «compagni» Verdi.
Gli italiani non sono stupidi o ignoranti come certa sinistra intellettualmente razzista lascia spesso intendere. Sull'Unità anche oggi, come oramai accade quasi quotidianamente, i cittadini che non sembrano disposti a votare a sinistra vengono fatti passare come culturalmente inferiori. Oggi, in un'intervista ad uno dei tanti professori fiancheggiatori dei Ds sull'argomento della credibilità dei sondaggi, troviamo l'affermazione: «La permeabilità ai sondaggi riguarda quegli strati di opinione pubblica culturalmente più marginali rispetto alla multimedialità». Sempre l'Unità continua nella sua battaglia di demonizzazione dei sondaggisti americani colpevoli di dare la CdL in vantaggio di 0,2% rispetto al centrosinistra. La società, che ha avuto come clienti anche Clinton e Blair, viene definita poco affidabile e propensa a truccare i numeri per compiacenza nei confronti del cliente.
Credenziali che il Corriere della Sera sottolinea invece in senso positivo e a cui accompagna un sondaggio riservato della Doxa, secondo il quale a partire da ottobre vi è stato un calo notevole e costante dell'Unione nelle intenzioni di voto degli italiani. I tredici punti di vantaggio si sarebbero infatti ridotti a due, confermando il recupero di consensi di Forza Italia e del centrodestra annunciato da Berlusconi. Gradualmente anche gli istituti di indagine italiani, la stampa ed esponenti politici di entrambi gli schieramenti non reputano più remota la possibilità di una vittoria di Berlusconi alle elezioni.

16 febbraio 2006

Il crocifisso come simbolo di libertà

Alcuni anni fa, precisamente nel 2001, un tale Adel Smith presidente dell'Unione musulmani ruppe il suo anonimato mettendo in piedi una violenta polemica contro la presenza del crocifisso nelle scuole. L'uomo arrivò a definire il simbolo della Cristianità come «un cadaverino appeso al muro» che creava turbamento e spaventava i bambini. Fu certamente un'espressione esecrabile che gli costò anche qualche percossa, controbilanciata dalla soddisfazione di vendere molte copie dei suoi libri. Probabilmente in parte condizionati da questo episodio, due genitori di Abano Terme avevano dato il via quattro anni fa ad una battaglia legale per chiedere la rimozione del crocifisso dalla scuola frequentata dai figli.
L'avventura era cominciata prima nell'istituto e quasi subito si era trasferita in ambito giudiziario attraverso la presentazione di un ricorso al Tar del Veneto. Il tribunale regionale si era rivolto a sua volta alla Corte Costituzionale. Questa, impossibilitata a decidere su una questione che non riguardava alcuna legge ma unicamente due regolamenti del 1924 e del 1927 in materia di arredi scolastici, aveva chiesto al Consiglio di Stato di esprimersi in merito. La sentenza arriva ieri, diciannove pagine scritte da Giorgio Giovannini della sesta sezione, ruota attorno al concetto di laicità, di valori e tradizioni di un popolo in rapporto all'autorità. Ecco il passo significativo: «La laicità, benché presupponga e richieda ovunque la distinzione tra la dimensione temporale e la dimensione spirituale e fra gli ordini e le società cui tali dimensioni sono proprie, non si realizza in termini costanti e uniformi nei diversi Paesi, ma pur all'interno della medesima civiltà è relativa ala specifica organizzazione istituzionale di ciascuno stato, e quindi essenzialmente storica, legata com'è al divenire di questa organizzazione».
"Il Corriere della Sera" da la giusta attenzione a questa notizia dal profondo significato culturale che, inevitabilmente, ha visto le forze politiche dividersi sui commenti. Mentre sul quotidiano di via Solferino la notizia trova anche un richiamo in prima pagina, sul l'Unità si ritiene invece più importante evidenziare il tema della candidatura al Parlamento del suo ex direttore Furio Colombo, nemmeno interessante come Luxuria, relegando la questione del crocefisso all'interno sotto un articolo che polemizza con il governo in tema di caduta del mercato dei polli a causa della psicosi da aviaria. Nonostante le poche righe spese per questo argomento il giornale diessino trova comunque lo spazio per accusare il centrodestra di fantomatiche strumentalizzazioni politiche la sentenza, evidenziando con condivisione anche le reazioni dei nuovi alleati della Rosa nel Pugno che usano espressioni come «insulto ai principi di laicità ed uguaglianza».
Tra i favorevoli alle argomentazioni del Consiglio di Stato il ministro La Loggia, che ha sottolineato come la sentenza sia particolarmente importante «in questo momento in cui si fa una pericolosa confusione tra il concetto di tolleranza e quello di svendita dei propri valori». Tale sentenza esprime chiaramente il concetto che la laicità di uno Stato non è, ne tanto meno dovrebbe essere aggiungiamo noi, imposta per legge dall'alto ma è un concetto in evoluzione, legato e non contrapposto al bagaglio di tradizioni, valori e storia che fanno di un insieme di persone un popolo e una nazione. Queste cose i laicisti e i radicali di fatto della sinistra non le comprendono, intenti come sono a cavalcare frasi ad effetto per acquisire brandelli di visibilità. In questo, con le dovute differenze, non sono molto diversi da quello Smith.

13 febbraio 2006

Buio sul programma dell'Unione

Il programma dell'Unione appare a chiunque confuso, inclusi i vari esponenti della stessa coalizione da Enrico Letta al governatore del Piemonte Bresso che sul «Corriere della Sera» di oggi rivendicano l'importanza delle grandi opere censurate nel sacro testo unionista.
Il radicale di fatto Boselli è tornato, ancora ieri, ad accusare la Margherita di clericalismo. Pannella, che parla in termini di «abbuffata radiotelevisiva dei leader dell'Unione», sottolinea quanto nelle 280 pagine del programma definite «aria fritta» non vi sia nulla «sulla responsabilità civile dei magistrati e sulla separazione delle carriere, su demografia e ambiente e su altre richieste da lui avanzate». L'altro radicale Capezzone sottolinea la «molto poca ambizione» dell'Unione in materia di politica estera arrivando a sostenere che gli otto punti programmatici di Berlusconi risultano «più comprensibili».
Questi otto punti riguardano: fisco, lavoro, pensioni, sanità, scuola, grandi opere, sicurezza, case. Per il primo capitolo si propone la riduzione della pressione fiscale al 38%, in riferimento al lavoro la riduzione al 4,5% della disoccupazione. Quindi aumento delle pensioni minime a 800 euro, Stop alle liste di attesa negli ospedali pubblici: oltre un massimo ci si potrà rivolgere ai privati , pagati dal servizio sanitario nazionale. Libri di testo gratis per tutti gli studenti della scuola dell'obbligo, completamento dell'80% delle grandi opere infrastrutturali. Aumento dei poliziotti di quartiere fino a 10 mila unità. Per quanto riguarda le politiche della casa un finanziamento di 600 mila mutui agevolati e di 300 mila contributi per gli affitti.
Come quindi non essere d'accordo con Capezzone sul fatto che le proposte di Forza Italia siano chiare e dai contorni certi? Si tratta di proposte che per gran parte rappresentano la naturale evoluzione del programma di governo finora portato avanti. Tuttavia, rispetto alle osservazioni dell'esponente radicale ci stupiamo in merito al suo stupirsi. Il centrodestra ha governato per cinque anni l'Italia senza cambiare presidente del Consiglio ed è stato in grado di realizzare grandi riforme iniziando ad innovare il Paese. Naturale che ora il Premier possa credibilmente avere un programma forte di una coalizione che del mondo, tra l'altro, ha la medesima visione.
"L'Unità" di oggi riporta una delle tipiche interviste al professore universitario di turno, preso a prestito dall'allevamento progressista per essere utilizzato nei momenti di bisogno. Vi ricordate il professor Mancia dallo sguardo inquietante? Alcune settimane fa tale neuropsichiatra era stato adoperato per indicare le presunte turbe mentali berlusconiane. Questa volta il giornale diessino va oltre, sul banco degli imputati sale l'intero elettorato di Berlusconi e non solo. Siamo cioè di fronte ad una condanna di massa di un popolo colpevole di votare il centrodestra o comunque di non votare la sinistra. Analizziamo quindi l'intervista al professor Luciano Gallino, sociologo, docente a Torino. L'eminente professore inizia con un propedeutico attacco a Berlusconi sulla strategia comunicativa affermando che: «Certamente il messaggio del centro destra è grossolano. Ma sono dei messaggi martellanti e ripetuti che lasciano il segno. Mentre i messaggi del centro sinistra per ora non hanno lasciato questo segno, anche se sono più ricchi di contenuti».
L'intervistatore corregge il professore affermando in sua vece che «forse è più facile mandare dei messaggi a un elettorato di centro destra. Basta un pò di populismo». Passando all'analisi del modo in cui riuscire a comunicare con gli indecisi e l'elettorato moderato in particolare si arriva alla questione delle tasse visto che tale elettorato «considera le imposte un sopruso» essendo «un elettorato qualunquista refrattario ad argomenti razionali». Ecco allora passare dalla psicanalizzazione singola del leader alla psicanalizzazione e alla condanna collettiva degli italiani che ancora si ostinano a non voler votare gli eredi del comunismo.
La soluzione di Gallino per venire incontro a questi esseri intellettualmente e socialmente inferiori? Suggerire alla sinistra di dire: «Dovete contare su di noi perché noi vi diamo una ragionevole sicurezza che non perderete la posizione sociale, il livello, le modeste soddisfazioni che vi siete conquistati». A questo punto non ci resta che aggiungere che preferiamo darci da fare per non perdere la vera ed importante soddisfazione per gli italiani: lasciare questa sinistra incapace e intellettualmente razzista all'opposizione a dialogare con la sua batteria di presunti intellettuali.

Fonte: http://www.ragionpolitica.it

10 febbraio 2006

La Margherita sconfitta sulle coppie di fatto

«Chi ha voluto i Radicali ora si gratti questa bella rogna» ha affermato il leader dei Comunisti Italiani Diliberto al termine dell'acceso vertice unionista durato la bellezza di sei ore. Frase che la dice lunga su quelle che sono i rapporti all'interno della coalizione di centrosinistra.

Emma Bonino, che ha partecipato al vertice al posto del povero Boselli ormai oscurato, ha abbandonato il vertice a seguito del mancato riconoscimento del temine «PACS» e dell'indicazione esplicita dell'abolizione dei finanziamenti alla scuola privata. Da quanto viene anticipato dai quotidiani il programma che sarà presentato domani alla stampa conterrà per lo più, come c'era da aspettarsi, frasi generiche e poco comprensibili che lasciano spazio ad ogni interpretazione possibile. Possiamo far partire la rassegna delle banalità unioniste dalla politica internazione, in particolar modo dal tema del ritiro delle truppe italiane dall'Irak che dovrà essere «ritiro immediato nei tempi tecnici necessari» che è come non dire assolutamente nulla. Per quanto concerne l'argomento più spinoso in termini di politica occupazionale si invoca «il superamento della legge 30» che può voler dire sia abolizione che riforma della stessa. In termini di politica energetica si invoca il ricorso alla fusione nucleare «senza scorie radioattive» lasciando il campo della politica per quello forse più entusiasmante della fantascienza.

Il tema del riconoscimento delle coppie di fatto rappresenta invece qualcosa di più definito e le arrabbiature della Bonino non sembrano poi così giustificate. Il Corriere della Sera titola: «Le condizioni di Rutelli - mai simil-matrimoni». Nell'articolo viene portata avanti la tesi di un Rutelli accanito oppositore dei i Pacs, enfatizzando in questo modo la presunta vittoria della Margherita riguardo la difesa del concetto di famiglia. Sull'Unità troviamo invece in prima pagina il titolo: «L'Unione alla fine trova l'accordo anche sui Pacs» che rimanda a pagina 7 per gli approfondimenti. L'Unità sottolinea il concetto di «riconoscimento giuridico» delle coppie di fatto e riporta integralmente il testo contenuto nel programma: «L'Unione proporrà il riconoscimento giuridico di diritti, prerogative e facoltà alle persone che fanno parte delle unioni di fatto. Al fine di definire natura e qualità di una unione di fatto non è dirimente il genere dei conviventi e il loro orientamento sessuale. Va considerato piuttosto criterio qualificante il sistema di relazioni sentimentali, assistenziali e di solidarietà la loro stabilità e volontarietà».

Quanto è scritto sul quotidiano dei Ds ci sembra questa volta rappresentare meglio la realtà delle cose. Il voler portare avanti il riconoscimento giuridico delle coppie di fatto e non semplicemente nuove formule in termini di diritto privato come aveva in realtà proposto la Margherita, rappresenta il riconoscimento «di fatto» dei Pacs. Il dissenso della Bonino sembra quindi strumentale, legato unicamente ad un uso mancato di un termine da usare in campagna elettorale a proprio beneficio. Strumentale è anche il mancato utilizzo di tale definizione per la paura di scontentare parte dell'elettorato moderato. Nei prossimi giorni il programma dell'Unione sarà reso pubblico nella sua interezza, se quanto anticipato oggi dai giornali troverà affettivamente conferma occorrerà registrare una sconfitta della Margherita su un tema delicato e importante per il mondo cattolico.

08 febbraio 2006

Tutti insieme separatamente

Sabato 11 febbraio si terrà una convention dell'Unione in occasione della quale sarà reso pubblico il programma del centrosinistra, con tanto di attrice a presentare la commedia. Il mitico programma del centrosinistra, quelle tanto annunciate 250 e passa pagine di cui si vanta Prodi come se essere prolissi sia sinonimo di ricchezza di contenuti e come se la validità e la chiarezza delle idee si misurassero dal sarto o dal geometra, potranno essere finalmente svelate alla bramosa curiosità dell'Italia intera. Possiamo già prevedere quali acrobazie linguistiche stiano compiendo gli autori del prezioso scritto per diluire all'interno di lunghe frasi al bromuro le poche e confuse idee dell'armata antiberlusconiana. Oggi persino l'Unità, alle pagine 2 e 3, non riesce ad omettere la totalità degli episodi di ieri in materia di lancio dei coltelli in quel circo chiamato Unione.
La mancata censura sulle divisioni dell'alleanza è motivata dal fatto che i Ds non riescono a mandare giù il rospo di Rifondazione Comunista, che attraverso le pagine di Liberazione si è opposta all'idea di vedere un rappresentante del principale partito della sinistra sulla poltrona di Montecitorio in caso di vittoria elettorale, per non parlare delle critiche mosse dal partito di Bertinotti nei riguardi della candidatura dell'ex pm D'Ambrosio. Fassino ha quindi ricambiato il favore ieri a Repubblica Radio attaccando la candidatura del no global Caruso, che ha contestato le Olimpiadi di Torino, definendola «un problema politico». A questo ha aggiunto la condanna alla proposta surreale di Rifondazione di requisire le case sfitte definendola «irrealistica e impraticabile», motivando l'episodio come conseguenza della nuova legge elettorale proporzionale «voluta dal centrodestra».
A questo punto è giusto soffermarsi sull'osservazione di Fassino e dirgli che ha perfettamente ragione. Uno dei pregi della nuova legge elettorale, che tra l'altro rappresenta realmente le forze in campo meglio rispetto al sistema uninominale, è proprio quello di consentire alle singole forze politiche di mettere in evidenza le proprie differenze e peculiarità favorendo le alleanze tra simili. Ecco allora che la marcia di avvicinamento alle elezioni favorisce sempre più la messa in evidenza delle diversità politiche enormi presenti nell'Unione, un cartello elettorale elaborato in funzione del vecchio sistema elettorale unicamente in chiave antiberlusconiana. La sinistra sembra non aver compreso appieno la novità del proporzionale con premio di maggioranza e ragiona ancora in termini di annessione degli opposti come se la politica fosse solo aritmetica.
L'ingresso dei radicali nel centrosinistra, che hanno di fatto annesso politicamente lo Sdi, si sta rivelando un problema in più nell'ambito degli equilibri del centrosinistra. Giorni fa abbiamo riportato lo scontro a distanza tra la Bonino e la Bindi sui temi non secondari che prendono in causa la visione della società e i rapporti tra Stato e Chiesa: pacs, finanziamenti alle scuole private, otto per mille, pillola abortiva ed eutanasia. Il Corriere della Sera di oggi, a differenza de l'Unità, dà grande attenzione allo scontro avvenuto ieri tra Rutelli e Boselli. L'ex radicale Rutelli con aspirazioni neodemocristiane attacca di nuovo il leader dello Sdi attraverso le pagine di Europa, definendolo «imbarazzante appendice dei radicali». Il «radicale di fatto» replica con altrettanta durezza affermando che «Rutelli è il braccio armato di Ruini». Mentre la Rosa nel Pugno apre un altro fronte di scontro chiedendo che nei primi 100 giorni di un possibile governo dell'Unione all'obiettivo dei pacs sia aggiunto quello dell'abolizione della nuova legge sulla droga, Pecoraio Scanio minaccia di non firmare il programma elettorale «se non ci sarà un no chiaro al nucleare».
Le notevoli e palesi difficoltà che il centrosinistra ha nel mettere insieme qualche cosa che assomigli ad un programma vengono minimizzate in maniera imbarazzante dal giornale diessino, che testualmente afferma: «Manca ancora qualcosa. Su tre o quattro punti l'accordo sul programma dell'Unione ancora non c'è. Unioni civili, legge Biagi, nucleare e legge Moratti». Risulta veramente comico, espressione cara a qualche politico amante della barca a vela, che argomenti così nevralgici per il concetto di famiglia e la riforma che all'Italia si vuole dare siano trattati come qualcosa di ornamentale. A questo punto è logico aspettarsi che il programma che sarà presentato sabato, depurato dai sofismi e dalle creazioni dei parolai, contenga ben poco di chiaro e di umana comprensione.

06 febbraio 2006

Bonino-Bindi, impossibile convivenza nell'Unione

Nelle settimane che hanno caratterizzato il dibattito relativo al cambiamento della legge elettorale, la maggior parte degli organi di informazione aveva preferito porre l'accento sull'aspetto strumentale legato al passaggio dal sistema uninominale maggioritario a quello proporzionale con premio di maggioranza. L'introduzione del nuovo sistema elettorale era visto unicamente come uno stratagemma che la CdL voleva attuare per non subire una sconfitta di grandi proporzioni alle elezioni politiche. In realtà, fuori da ogni considerazione sugli aspetti tecnici di quest'innovazione, ci pare fuori luogo dare una visione così modesta di questa novità. La cronaca politica degli ultimi mesi, in particolare l'inizio della campagna elettorale, ci sta in realtà mostrando come questo cambiamento abbia innescato e per certi versi accentuato la competizione tra i partiti. Gli effetti, tuttavia, si stanno progressivamente rivelando differenti per natura ed intensità nel centrodestra e nel centrosinistra.
La cosiddetta Unione era nata per un altro sistema elettorale, un sistema voluto a suo tempo dai Ds per far sì che una minoranza, per giunta sconfitta dalla storia, arrivasse al governo nazionale attraverso l'egemonia esercitata sulle frattaglie della Prima Repubblica. Una «macchina da guerra» di ochettiana memoria politicamente modificata con l'innesto di pezzi del cadavere democristiano. Mentre nella CdL le distinzioni tra i partiti riguardano soprattutto le modalità di approccio con l'elettorato e il dibattito tra le percentuali di statalismo e di liberismo in materia di politica economica, nel campo opposto si assiste ad uno scontro senza quartiere sulle questioni politiche di fondo. Queste sono: il valore e la dignità della vita, la definizione del concetto di famiglia, il rapporto tra Stato e Chiesa; tutte questioni aperte, legate a doppio filo con la natura dei valori fondanti la civiltà occidentale.
In questi ultimi giorni tutto ciò è emerso con ulteriore evidenza durante il congresso dello Sdi, che ha sancito la nascita dell'ennesimo soggetto politico della sinistra: la Rosa nel Pugno. L'ultima giornata dei lavori ha registrato i diktat della coppia laicista Boselli-Bonino, rivolti all'attenzione dei propri alleati, in particolare la Margherita. Boselli, rivolgendosi direttamente a Prodi, ha affermato con forza che: «Noi non voteremo mai finanziamenti alle scuole private», aggiungendo inoltre di non volere «che al ministero dell'Istruzione si mettesse un amico o un'amica - il riferimento è a Rosy Bindi - del cardinale Ruini». Alla Bonino spetta invece definire «anacronistico» il Concordato, assicurando che «non c'è la volontà di imbavagliare la Chiesa», ma di «eliminare privilegi» compreso quello dell'8 per mille. La Bonino è un fiume in piena dopo la lunga astinenza dalla ribalta della politica nazionale e accusa - in questo caso ci sentiamo di darle ragione - la natura dell'Unione parlando di «un catto-comunismo che vuole diventare egemone nel Paese» e di «un compromesso storico bonsai». Naturalmente, accuse anche al centrodestra che non vuole riconoscere «libertà» quali i pacs, la pillola abortiva e l'eutanasia.
L'aspra polemica personale, oltre che politica, tra Boselli e Bonino da una parte e Rosy Bindi dall'altra viene messa bene in evidenza dal Corriere della Sera, con la Bindi che accusa la Bonino di usare «un linguaggio berlusconiano» in riferimento all'impiego del termine di catto-comunismo, e di «sferrare un vero e proprio attacco politico all'Ulivo e a Prodi». Parafrasando i manifesti elettorali dei Ds verrebbe da affermare, per quanto riguarda il centrosinistra e la malaugurata eventualità che possa prevalere numericamente il 9 aprile: «Oggi divisioni profonde, domani ingovernabilità».

03 febbraio 2006

La candidatura di D'Ambrosio divide l'Unione

I Ds sembrano voler inseguire il Premier anche sul tema della difesa del potere d'acquisto dei pensionati. Così, mentre Berlusconi promette di innalzare le pensioni minime fino ad ottocento Euro, loro si occupano di garantire uno stipendio da parlamentare all'ex magistrato Gerardo D'Ambrosio. Questa sembra infatti la possibile spiegazione di questa ipotesi di candidatura stando a registrare le imbarazzate e lacunose dichiarazioni di Fassino riportate sui quotidiani di oggi.
Il segretario della Quercia non dà, infatti, valutazioni politiche sull'opportunità di candidare una figura simbolo di Mani Pulite, limitandosi invece ad affermare che non vi siano controindicazioni, a maggior ragione dato che si tratta di una persona che ha lasciato la magistratura tre anni fa. Di parere opposto, come riporta il Corriere della Sera di oggi a pagina 8, un vecchio lupo di mare della Prima Repubblica come De Mita che evidenzia come «certe scelte non sono neutre».
Per il segretario dello Sdi, Enrico Boselli, che evidentemente a luci alterne ricorda di aver militato in un partito distrutto dal giustizialismo portato avanti dai suoi attuali alleati post comunisti, «i Ds compiono un errore, perché alimentano nell'opinione pubblica l'idea di una magistratura politicizzata». Non meno pungente è il commento del leader della Margherita, Francesco Rutelli, secondo cui è importante che i magistrati in parlamento «non diventino poi la longa manus delle corporazioni». Enzo Carra, altro esponente diellino che ai tempi di Mani Pulite fu condotto in tribunale coi moschettoni e poi scagionato dalle accuse che gli erano state mosse, ricorda «il legame storico tra i Ds e il magistrato, un legame che nessuno ha mai smentito e tantomeno rinnegato. Evidentemente - continua Carra - la candidatura è un modo per rimarcare l'antica appartenenza».
L'Unità naturalmente evita rigorosamente di menzionare le critiche mosse dagli alleati, definendo invece calunniose le dichiarazioni di Berlusconi sul collateralismo tra Pc-Pds-Ds e una parte della magistratura. Il quotidiano dei Ds si fa inoltre carico, sempre perché non ci sarebbe a loro dire collateralismo tra una parte della magistratura e gli eredi del Pci, di riportare il punto di vista del vicepresidente dell'associazione Nazionale Magistrati Fucci che difende il diritto dell'ex magistrato di candidarsi, affermando inoltre che occorre dire basta «a questo modo di travolgere le istituzioni dello Stato a fini elettorali». Naturalmente non poteva mancare in questo contesto anche una, seppur breve, intervista all'ex collega di D'Ambrosio, Antonio Di Pietro, che corre in soccorso alla causa comune con il solito ritornello dell'Italia meno libera e più povera a causa della Cdl.
I Ds, dopo aver negato le accuse di collateralismo con il capitalismo rosso mosse dalla gran parte dello schieramento politico, in primis dai propri alleati, si dimostrano nuovamente isolati. Sono oramai l'unica forza politica a rimanere ancorata a quello strumento di lotta politica, il giustizialimo, su cui hanno fondato la loro presunta immagine di tutori morali della Repubblica. Ci chiediamo quando o, meglio, se mai questa sinistra potrà divenire finalmente un attore della democrazia normale in questo Paese, una forza politica che elabora idee per le sviluppo dell'Italia. Una sinistra che voglia costruire invece che distruggere.

01 febbraio 2006

Crisi di rappresentanza nella sinistra

Ieri Prodi, intervenendo su Radio 24, ha parlato di sé come un uomo che ha avuto tutto dalla vita avendo ricoperto incarichi di prestigio in Italia e in Europa. Per questa ragione sente, in caso di vittoria, di dover portare avanti solo «riforme radicali». Una formula tanto ambiziosa quanto generica, ma che qualcuno a sinistra sembra prendere sul serio. Questa volta il riferimento non va al neonato partito della Rosa nel Pugno che come priorità per l'Italia ha in mente i pacs, ipotesi prontamente e ripetutivamente sconfessata dall'Udeur di Mastella con tanto di minacce preventive di crisi di governo. Forse la nuova frontiera dell'essere radicale coinvolgerà anche la formulazione delle liste elettorali secondo nuovi e inediti parametri?
Oggi sull'Unità troviamo alle pagine 6 e 7 noiosi elenchi, tipo quelli telefonici, riferiti in questo caso alle varie posizioni dei vari candidati di Ds e Margherita nelle liste proporzionali di Camera e Senato. Certamente immaginiamo che vi possa essere grande interesse da parte dei lettori del quotidiano diessino nel carpire informazioni fondamentali per la politica italiana come ad esempio quella che Castagnetti avrà il terzo posto in lista in Emilia Romagna dopo Prodi e Bersani, che l'ex procuratore capo di Milano Gerardo D'Ambrosio abbia accettato di essere candidato al Senato. A proposito di D'Ambrosio, la sinistra non nega da sempre l'esistenza delle cosiddette «toghe rosse»? In questa atmosfera di noia, generata attorno al vuoto politico di Prodi, dobbiamo al contrario ribadire come il solito Bertinotti rappresenti davvero l'artista della sinistra, colui che con clamorosi ed autentici colpi di teatro riesce ad essere più appassionante dei grigi burocrati del Pc-Pds-Ds.
Di pochi giorni fa è infatti l'annuncio di Rifondazione Comunista di voler candidare il noto transessuale Vladimir Luxuria. Questa notizia deve aver turbato il sonno, creando qualche crisi di gelosia, al mondo dell'associazionismo militante che fa riferimento ai Ds. Sull'Unità troviamo infatti un accorato appello del presidente nazionale dell'Arcigay Lo Giudice in difesa della rappresentanza politica degli omosessuali. Nella missiva inviata al segretario della Quercia l'associazione segnala «il rischio che la rappresentanza parlamentare del movimento omosessuale si sposti verso altre aree politiche». Nella lettera si parla di omossessuali come una categoria sottorappresentata. Considerando e difendendo l'idea che tutti, indipendentemente dai propri gusti e inclinazioni afferenti alla vita privata, non debbano subire alcuna forma di discriminazione, non crediamo sia utile per nessuno ritenere che l'idoneità di una persona a ricoprire cariche istituzionali debba essere determinata dai proprie preferenze sessuali.
Il problema della della crisi di rappresentanza politica della sinistra, solamente enfatizzata dalla questione Unipol, è legata al distacco con la società soprattutto per quanto riguarda le tradizionali categorie socio-economiche di riferimento. Il Corriere della Sera di oggi, a pagina 6, riporta il caso di un parlamentare eletto nel 1994 e riconfermato nel 2001 nelle file dei Ds, in quanto rappresentante del mondo operaio. Gli avevano dato un collegio considerato perdente, quello di Nichelino-Carmagnola, ma lui aveva saputo ribaltare clamorosamente i pronostici facendo il porta a porta tra i cittadini.
Nell'intervista firmata da Marco Imariso scopriamo una persona di una lucidità politica davvero sorprendente. Salvatore Buglio, questo è il nome del parlamentare, racconta di aver cercato in questi anni di operare in maniera concreta, scontrandosi spesso con la Cgil a causa del fatto che essa ha spesso interpretato il proprio ruolo in senso antigovernativo quando «il compito delle confederazioni è sempre e comunque quello di portare a casa qualcosa e non pronunciare sempre dei niet politici». Buglio accusa inoltre la sua parte politica di averlo ritenuto utile unicamente come «l'operaio-buana, la macchietta alla Cipputi» e di volerlo scaricare, non ricandidandolo, in quanto considerato una persona troppo indipendente e «per aver rifiutato di demonizzare l'avversario politico».
Questo lucido racconto personale ci aiuta a riflettere come nella società moderna la politica debba sempre di più farsi carico di rappresentare la vita reale dei cittadini, superando vecchi steccati eretti con la mentalità dei due secoli passati. Occorre quindi, per il bene comune, che tutte le forze politiche respingano ogni tentazione di sostituire le vecchie divisioni classiste, oramai superate e nemmeno più tanto spendibili elettoralmente, con nuove categorie sociali inventate ad hoc per guadagnare voti.