Google
 
Web Blog delle Libertà

30 gennaio 2006

Milano: le primarie smascherano le divisioni dell'Unione

Ieri si sono svolte a Milano le primarie dell'Unione che, anche se largamente annunciate negli scorsi mesi, hanno registrato un forte calo della partecipazione rispetto allo scorso 16 ottobre, quando la scelta riguardava il candidato alla presidenza del Consiglio. Circa ottanta mila persone si sarebbero recate ai 124 seggi allestiti presso gazebo, sedi di partito, consigli di zona, sedi di cooperative, associazioni e negozi. In occasione delle precedenti elezioni primarie erano state oltre centomila le schede votate in città, sempre secondo gli organizzatori.
L'ex prefetto Bruno Ferrante ha ottenuto, allo stato attuale dello spoglio, il 67.5% dei consensi. Secondo è arrivato il Premio Nobel Dario Fo con il 23.1%, a seguire i restanti due candidati che in sostanza correvano quasi unicamente per se stessi: Milly Moratti e Davide Corritore. Nonostante oggi l'Unità a pagina 4 e in parte minore il Corriere della Sera in un articolo a firma di Giangiacomo Schiavi a pagina 9, che parla di «vento di un cambiamento annunciato, incorniciato da una vittoria senza ombre» riferendosi alla vittoria di Ferrante, la verità sul significato politico dell'esito di questa consultazione è molto diversa da quella che alcuni vorrebbero far credere. Innanzi tutto prendiamo come dato di riferimento il 14.7% ottenuto da Bertinotti alcuni mesi fa in contrapposizione a Prodi che aveva ottenuto il 74.1%. In quell'occasione i media avevano sottolineato giustamente la sconfitta del leader di Rifondazione Comunista che puntava ad un più ampio risultato per condizionare l'alleanza. La macchina organizzativa ulivista, supportata dagli organi di informazione, era stata molto efficace nella mobilitazione dei propri elettori.
Consideriamo invece gli attuali numeri usciti dalle urne in rapporto al peso elettorale che ha il partito della sinistra estrema a Milano e alla grande macchina propagandistica messa in piedi soprattutto da Ds e Margherita attorno alla figura del «questurino» Ferrante, secondo la non proprio lusinghevole recente definizione di Fo. Innanzi tutto a Milano il partito della Rifondazione Comunista, in base ai recenti dati relativi alle elezioni regionali svoltesi pochi mesi fa, ha il 7% dei consensi. Rifondazione era inoltre l'unico partito che appoggiava il Premio Nobel in quanto i Verdi avrebbero votato soprattutto la moglie del presidente interista, mentre sulla sponda opposta vi erano, come l'Unità evita di menzionare, ben sette partiti: Ds, Margherita, Italia dei Valori, Comunisti Italiani, Rosa nel Pugno, Repubblicani Europei. Dario Fo infatti, non a caso, si lascia andare all'ironia nei confronti di coloro che vengono definiti come «uno staff» e «un esercito pronto a sbranare i suoi avversari» con chiaro riferimento alle tensioni che vi sono state in occasione della fase pre elettorale. Ricordiamo che i due aspiranti sindaci comunicavano a mezzo stampa senza nemmeno rivolgersi la parola in occasione degli incontri avvenuti durante le assemblee pubbliche.
Il 23.1% dei consensi è quindi un dato molto significativo per Rifondazione che potrà certamente avere una forte voce in capitolo al momento della stesura del programma per la città in vista delle vere elezioni previste per maggio. Il cosiddetto popolo della sinistra, banchieri e stilisti a parte, non sembra riconoscersi in un ex prefetto che addirittura per meglio accreditarsi ai suoi occhi sente il dovere di precisare - quasi come se rappresentare le forze dell'ordine fosse una vergogna e come riportato a pagina 8 del Corriere della Sera - di non essere mai stato un poliziotto: «Non sono mai stato uno di loro. Ho fatto carriera civile, non ho mai avuto un'arma e non ho mai sparato un colpo».
La questione della scelta del candidato è la ragione principale che può spiegare il mezzo passo falso del centrosinistra con queste primarie. Bruno Ferrante è stato scelto, dopo che la Margherita aveva bruciato l'ipotesi Veronesi, perché ritenuto uno strumento utile per tentare di ottenere consensi al di là del tradizionale steccato dei voti di sinistra che a Milano sono sempre stati largamente minoritari. In una città come Milano, che avverte il problema della sicurezza in maniera molto forte, scegliere un ex prefetto come candidato poteva rappresentare un modo per intercettare i moderati che tanta fiducia avevano dato ad Albertini. Tuttavia, poiché la politica non segue le regole della pura aritmetica, quando ci si vuole mascherare da qualcosa che non si è si rischia di veder migrare il proprio elettorato su posizioni più oltranziste da sinistra dura e pura come quelle tanto ben incarnate da Dario Fo.
Il celebre attore di teatro è riuscito quindi a offuscare l'anonima e grigia figura dell'ex prefetto che ora teme addirittura che Rifondazione chieda la poltrona di vicesindaco pe il suo candidato . Le primarie, da strumento finalizzato a mascherare le grandi contraddizioni interne all'Unione, rischiano quindi di divenire un boomerang per il centrosinistra che, nelle prossime settimane, dovrà vedersela con le richieste politiche e programmatiche di Rifondazione. Del resto secondo Dario Fo i suoi sono «voti pesantissimi» e in riferimento al sostegno a Ferrante afferma la necessità di sedersi «davanti a un notaio».

27 gennaio 2006

La sinistra turbata vuole psicanalizzare il premier

Sull'Unità di oggi, il dottor Mauro Mancia dell'Università Statale di Milano viene intervistato per «psicanalizzare» Berlusconi. E' utile riportare alcuni stralci di questa intevista, perché essa mette bene in evidenza cosa sia la sinistra in Italia: un'armata dell'odio politico che mostra di non aver mai tagliato i fili con il suo passato fatto di contiguità ai peggiori regimi liberticidi. Berlusconi viene definito come una persona «che separa da sé le sue parti peggiori per proiettarle sull'avversario», viene descritto come colui «che odia la maggior parte degli italiani perché potrebbero non votarlo» e ancora come un «uomo senza qualità per cui il potere è l'essenza della vita».
Attacchi alla persona di questo tipo aiutano gli italiani a condividere e far proprie le preoccupazioni di Berlusconi quando parla del rischio di un'Italia con una democrazia minore se questa sinistra dovesse prendere il potere. Una sinistra che appare confusa e turbata su tutto, dal programma fumoso agli assetti interni, al mercato delle vacche per le candidature. Ds e Margherita chiedono a Bertinotti e a Prodi di farsi carico di inserire nelle proprie liste elettorali i vari Mastella, Sbarbati, Di Pietro ecc... Quando si parla di Mastella, si intende non solo un posto per lui, ma anche per i suoi uomini fidati, visto che la sua lista molto probabilmente non raggiungerebbe la soglia di sbarramento del 2%. Lo stesso discorso vale per Di Pietro, che chiede due seggi, per i Pensionati e altri gruppetti. I Verdi potrebbero invece di stretta misura superare la soglia alla Camera, ma intanto sono occupati ad ingaggiare una lotta con la Margherita per la questione del simbolo. Secondo Rutelli, infatti, l'ipotesi che la lista di Pecoraro Scanio e quella dei Comunisti Italiani utilizzino per il Senato - dove il centrosinistra non presenterà la lista unitaria dell'Ulivo - un simbolo troppo simile a quello dell'Unione, potrebbe togliere i voti agli altri partiti.
Intanto, sempre il solito Bertinotti lamenta la mancanza della «chiusura del programma attraverso un percorso partecipato». Rifondazione Comunista, a proposito di posti, non ne vuol sentire parlare e ricorda i dispetti delle «liste civetta» volute dai Ds nel 2001 per cercare di scippare i voti ai «cugini» con il sistema dei resti. Il partito ha invece la preoccupazione di trovare spazio a nuove figure prestigiose e ha in mente ben 13 caselle da riempire per la voce «società civile». Due di queste personalità sono Caruso dei no global e Vladimir Luxuria. Figure da proporre forse all'alleanza come eventuali candidati ripettivamente per i ministeri del Lavoro e della Famiglia? Numeri a a parte, è evidente che Rifondazione non potrà mai accettare di ospitare candidature esterne per non perdere i voti di protesta.
Quanto a Prodi e ai suoi 14 posti da capolista tra Camera e Senato, appare evidente che sia ancora lui l'obiettivo della coppia Ds-Margherita. Dopo avergli impedito di farsi il suo partitino, ora lo vogliono costringere anche a rinunciare a portare in Parlamento la sua assicurazione sulla vita politica. Non vorranno mica proporgli in alternativa una polizza Unipol?

25 gennaio 2006

Milano: con Forza Italia più attenzione all'ambiente

Una maxi caffettiera realizzata con lattine per bevande per invitare al consumo sostenibile, una city bike realizzata in alluminio riciclato - la Ricicletta® - per promuovere la mobilità sostenibile, sono alcuni degli oggetti che CiAl (Consorzio Nazionale per il recupero e il riciclo dell'alluminio) espone alla mostra Remade in Italy, in occasione della «Settimana dell'Ambiente», organizzata dal Comune di Milano, presso la Loggia dei Mercanti dal 23 al 29 gennaio 2006.
Il capoluogo lombardo è una città che eccelle da sempre sotto molti aspetti, a tutti noti: efficienza, dinamicità, economia, cultura. Al suo grande e incessante sviluppo, complici anche alcuni fattori naturali, ha spesso dovuto sacrificare parte di se stessa: il riferimento va alla qualità dell'aria, delle acque, del verde. Questo avveniva fino a qualche anno fa, ovvero prima che una nuova sensibilità ambientale si diffondesse tra i cittadini e tra gli amministratori, chiamati questi ultimi al difficile compito di guidare la transizione dell'economia da industriale a terziaria.
La prima edizione della Settimana dell'Ambiente vuole promuovere una riflessione che coinvolga i cittadini sul contributo che ciascuno può dare per concorrere a determinare una città più vivibile, allo stesso tempo rappresenta la vetrina di ciò che l'amministrazione di centrodestra ha fatto in quasi nove anni di buon governo della città e ciò che ancora dovrà in futuro essere fatto ricercando consenso, consapevolezza e condivisione da parte di tutti.
Grande risalto alle nuove eccellenze di Milano, questa volta nel segno dell'ambiente, illustrate attraverso pannelli, filmati e video. Queste eccellenze sono rappresentate da: i tre grandi e tecnologicamente avanzati depuratori delle acque reflue che da oltre trent' anni attendevano di essere realizzati, il raddoppio delle aree verdi, il termovalorizzatore e la raccolta differenziata dei rifiuti per cui Milano è tra i primi posti in Europa, l'uso dell'acqua di falda come fonte energetica rinnovabile, il prolungamento della metropolitana e la realizzazione delle metrotranvie, la tutela dell' eccellente qualità dell'acqua potabile, il rinnovo dei mezzi diesel dell'Azienda dei Trasporti Municipale, il controllo degli impianti di riscaldamento.
Risultati impensabili solo fino a pochi anni fa, merito dell'esercizio di una politica concreta e non parolaia, di una visione ampia dell'interesse comune e non legata a doppio filo con logiche settarie. Obiettivi raggiunti nonostante lo scetticismo di chi fa del finto ambientalismo un'ideologia militante ad uso e consumo di interessi politici particolari. La Settimana dell'Ambiente voluta dall'Assessore all'Ambiente ed Energia di Forza Italia Prof. Ing. Domenico Zampaglione, è anche una manifestazione coraggiosa perché cade nel periodo di maggiore allarme per la qualità dell'aria degli ultimi anni. La sfida in campo ambientale che Milano deve saper vincere per il futuro è quella dell'inquinamento da polveri sottili che unisce tra loro tante grandi e medie città italiane. Iniziative come questa manifestazione possono contribuire, come ha sottolineato in occasione dell'inaugurazione il Sindaco On. Gabriele Albertini in riferimento alle sfide che attendono ancora la città, «a rafforzare quell'alleanza con i cittadini che consente di condurre una battaglia unitaria e più efficace».
La manifestazione continua oggi e domani con due incontri, dalle ore 18.30 alle 19.30, con tecnici ed esponenti politici sui temi dell'energia e della qualità dell'aria. Venerdì alle ore 15.00 saranno affrontate le «tecnologie dell'era solare per la Climarchitettura». Il 29, in concomitanza della «domenica ecologica», si chiuderà il tutto con iniziative di animazione e divertimento rivolte ai cittadini di domani.

23 gennaio 2006

Non fatelo fare e non fatelo parlare

La sinistra dice di essere convinta che il Presidente Berlusconi non abbia più nulla da dire di convincente agli italiani, che il Governo di questi ultimi cinque anni sia stato un totale fallimento. Il diessino Chiti, in un intervista sul Corriere della Sera di oggi sul tema dell'allungamento della legislatura, accusa il Premier di voler posticipare l'entrata in vigor della par condicio, definendo «patetiche» le sue presenze televisive delle ultime due settimane, aggiungendo che «come ci dicono i sondaggi, non spostano niente». L'articolo inizia e si conclude con un forte suggerimento - al limite dell'intimidazione - al Presidente Ciampi, affinché non indugi a sciogliere le camere secondo la data prefissata.
Ieri sera, dalle ore 19.00 alle ore 20.50, si è tenuto l'incontro al Colle tra Berlusconi e Ciampi con lo scopo di confrontarsi sull'ipotesi dell'allungamento della legislatura di poghi giorni, quelli strettamente necessari ad approvare la cosiddetta «legge Pecorella» ed altri provvedimenti importanti, sostenuti anche dagli altri partiti della CdL. Leggendo il resoconto del principale quotidiano italiano si ha l'impressione che si sia tenuto in incontro interlocutorio da cui non sarebbe emersa alcuna decisione finale da parte del Presidente della Repubblica. Il Capo dello Stato dovrà ora sentire i Presidenti di Senato e Camera, Pera e Casini, quindi anche i capigruppo delle forze politiche di maggioranza ed opposizione per verificare l'ipotesi di un eventuale largo accordo sulla proroga della legislatura. Lo stesso incontro è invece descritto dall'Unità, a pagina 4, come totalmente fallimentare, a cominciare dal titolo dell'articolo: «Ciampi gela tutte le richieste di Berlusconi». L'autore dello scritto, Vincenzo Vasile, si lancia addirittura in ardite interpretazioni del comunicato rilasciato dal Quirinale ad incontro avvenuto. Il fatto che il comunicato indicasse come oggetto la volontà del Presidente del Consiglio di discutere con il Capo dello Stato «sui provvedimenti legislativi in discussione presso le Camere» diventa automaticamente per il quotidiano diessino la dimostrazione che lo slittamento dello scioglimento delle Camere è «argomento che per Ciampi non esiste» semplicemente per il fatto che non viene citato. Ancora una volta quindi l'organo di informazione del principale partito dell'opposizione vuole distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dal vero oggetto della questione, sarebbe a dire i provvedimenti che il Governo Berlusconi vuole approvare e comunicare agli italiani. Il quotidiano milanese ci aiuta invece a comprenderli meglio anche se non entra nel merito della loro valutazione, cosa invece che facciamo noi.
Innanzi tutto la legge Pecorella, rinviata dal Colle alle Camere per dubbi di incostituzionalità, rappresenta un provvedimento che prevede l'inappellabilità delle sentenze di assoluzione e proscioglimento degli imputati. Questo consentirebbe a tutti i cittadini di non dover rischiare di subire per anni l'azione della magistrati costringendoli ad impegnarsi duramente nel primo grado di giudizio: lo scopo è quello di evitare la tentazione di allungare i tempi allo scopo di raccogliere nuove prove ed indizi. Il rischio è quello dilatare a dismisura i tempi della giustizia, a discapito della collettività e del diritto del singolo cittadino imputato a non rimanere a vita un presunto colpevole agli occhi di tutti.
Altri due provvedimenti ancora in sospeso sono il maxiemendamento che, oltre a prevedere l'aumento degli agenti di polizia in funzione antiterroristica contiene la riforma delle norme sulla tossicodipendenza, con norme restrittive sulla droga, e quello che contiene la riforma della legittima difesa dalle aggressioni subite in casa o sul luogo di lavoro. Tutti questi sono provvedimenti innovativi e a tutela dei cittadini, leggi che il centrosinistra, tranne parte della Margherita, non vorrebbero mai vedere approvate e ancora peggio divulgate in periodo di campagna elettorale. La legge Pecorella, inoltre, scontenterebbe l'ala giustizialista dell'Unione, vicina a certa parte della magistratura. Il provvedimenti sulla droga e sulla legittima difesa darebbero fastidio, rispettivamente, a radicali da una parte ed estrema sinistra dall'altra.
Il centrosinistra, al di là dell'ostentata certezza di vittoria, teme la possibilità che Berlusconi possa avere più tempo per incrementare il proprio bilancio di riforme e, soprattutto, possa avere modo di spiegare i risultati della legislatura ai cittadini affinché abbiano una piena coscienza e in questo modo esercitino al meglio il proprio diritto di voto.

20 gennaio 2006

Prodi non può avere un programma per il Paese, meglio farsene una ragione

Bocciata l'idea della lista unica al Senato, bocciata la «lista Prodi», ora la sinistra trova nuove ragioni di divisione nella preparazione del simbolo della lista per la Camera. Oramai la discussione attorno al soggetto unitario si è miseramente ridotta ad aspetti puramente grafici riguardanti il logo. Il Corriere della Sera di oggi fa del gossip politico sull'argomento, apparendo alquanto divertito dalla nobile impresa che attende in queste ore i guru della comunicazione politica della sinistra. In effetti l'impresa è davvero ardua, non bisogna scontentare nessuno. Probabilmente più che un grafico servirebbe un mago alchimista della nobile cucina progressista come il cuoco Vissani, lui sì che saprebbe come mescere gli ingredienti con abile maestria fino ad arrivare all'auspicato capolavoro finale. Qualcosa che insomma non sia semplicemente, come afferma Rutelli, «la quarta matrioska nella sto ria del Partito comunista, dopo Pci, Pds e Ds».
Si potrebbe allora prendere qualche foglia verde d'Ulivo, aggiungere una parentesi rossa che fa tanto sinistra, un bel contorno di partito democratico che è compatibile con la dieta di chi si nutre normalmente di «pane e cicoria», cucinare a fuoco lento controllando le emissioni nocive per non scontentare i Verdi, aggiungendo, infine, una salsa «Prodi» per condire il tutto. Di questo stanno discutendo animatamente ai fornelli di Ds e Margherita.
Qualsiasi cosa esca dalle cucine unioniste, ci si raccomanda che rimanga qualcosa dal sapore non troppo forte , che possa incontrare il gradimento della maggior parte dei palati degli elettori del centrosinistra. Guai infatti a trattarli come nobili commensali, questa è la raccomandazione che il principale quotidiano italiano affida oggi all'editoriale di Giovanni Sartori, per il quale sarebbe addirittura auspicabile un menù turistico dato da pochi semplici piatti.
Il celebre politologo, anima critica della sinistra, accusa Prodi di non aver capito che con il nuovo sistema elettorale non ha senso accelerare nella costituzione di un soggetto unitario. Le motivazioni che adduce sono di tipo tecnico. «A me sembra una sfida stupida - dice Sartori - il Polo va alle elezioni con tre punte, il che vuol dire che offre al suo elettorato la scelta fra tre partiti. Prodi invece vorrebbe un monolito impersonato e imperniato su di lui». Sartori riprende quanto già indicato da Panebianco, sempre sul Corriere, suggerendo al Professore e agli alleati di procedere separatamente anche alla Camera per «evitare la trappola di un massiccio programma unitario destinato a scontentare tutti» limitandosi all'indicazione di poche «cose concrete».
Secondo Sartori l'importante è quindi tentare di vincere, evitando di turbare il popolo della sinistra evitando il rischio dell'astensionismo. Intanto su l'Unità di oggi, a pagina quattro, ritroviamo il tormentone del partito democratico che sbarca a Milano in vista delle elezioni amministrative. L'articolo, insolitamente negli spazi che generalmente sono occupati dalla cronaca politica nazionale, serve apparentemente ad evidenziare le diversità programmatiche che riguardano i candidati alle primarie del 29 gennaio. In realtà il vero contenuto è rappresentato dalla condanna diessina del «blitz milanese di Francesco Rutelli e Massimo Cacciari sulla questione del nascituro partito democratico». La Margherita vorrebbe infatti accelerare sul progetto unitario a Milano. Ipotesi che il segretario regionale della Quercia respinge al mittente, accusando gli alleati di voler in questo modo coprire le proprie difficoltà elettorali. Vedremo nei prossimi giorni se l'episodio milanese sarà solo «una nuvola nera nel cielo del centrosinistra milanese» secondo quanto si afferma su l'Unità, oppure il segno di una guerra non ancora conclusa tra i principali partiti della sinistra.

18 gennaio 2006

Il centrosinistra inizia a scaricare Prodi... questa volta prima delle elezioni

Non più solamente Rutelli che si nutriva con «pane e cicoria», ora anche tutti gli altri attori del centrosinistra sembrano aver deciso di avviare la «deprodizzazione» del centrosinistra.«Un passo avanti contro l'antipolitica» è quanto il coordinatore dei Ds Chiti ha affermato commentando l'esito del vertice dell'Unione tenutosi ieri, incontro resosi necessario dopo il duro confronto a distanza tra Prodi e Fassino e che l'Unità di oggi impietosamente riporta. Una frase pesante, certamente rivolta all'ex Presidente della Commissione europea, che solo pochi mesi fa sarebbe stato impensabile e sconveniente fosse pronunciata da parte del principale partito della sinistra, da chi cioè ha inventato politicamente il personaggio del Professore bolognese per arrivare alla vittoria delle elezioni politiche del 1996.
Non si può infatti evitare di sottolineare come, al di la delle decisioni di carattere tecnico-elettorale prese durante questo vertice, la vera novità politica sia rappresentata dal voler ribadire definitivamente il ruolo strumentale ma non pienamente politico di Prodi. Il dibattito sul partito democratico diventa secondario rispetto all'enfasi con la quale si è sottolineato il tema relativo all'incidenza che dorebbero avere i partiti, i Ds in particolare, nel dettare il calendario della politica della sinistra contro chi, come Prodi, non è espressione di una cultura di partito.
Prodi ora sa che per il centrosinistra i diritti di sfruttamento della sua immagine valgono 3,5 milioni di euro per la campagna elettorale sua e dei suoi fedelissimi e 14 posti sicuri alla Camera dei Deputati in riferimento alle posizioni di capolista nelle 27 circoscrizioni nazionali. In questi numeri devono anche rientrare i personaggi dell'Udeur, Di Pietro, la Sbarbati, Amato, i Pensionati ed eventuali altre forze minori.
Francesco Verderami, in un illuminante articolo sul Corriere della Sera di oggi, a pagina 6, mette chiaramente in evidenza quanto finora affermato. Non si può infatti fare a meno di registrare come, a differenza del passato, ad esempio in riferimento alle bizze del Professore nel 2004 e ancora lo scorso anno sempre sulla questione della lista unitaria, questa volta nessuno ha preso le sue difese. Verderami riporta anche l'elenco delle recenti affermazioni di quella che definisce come «l'armata della sinistra anti Romano» individuata in personaggi e giornali riferibili all'area del centrosinistra. Di «fuoco amico sul leader» ne viene da ogni angolo, a partire dalla frase di Fassino pronunciata a Porta a Porta «Romano non è Dio in terra» passando a Liberazione che aveva di recente descritto «il prodismo antipolitico» come «malattia senile del girotondismo». Per il Riformista il tentato affondo prodiano sul partito democratico era stato bollato come utile a Berlusconi per mettere in evidenza le differenze che ancora ci sono nell'Unione, per De Mita invece una frase affettuosa e piena di stima:«se Romano ha la sindrome del complotto, se la faccia curare dallo psicanalista».
Sempre in questo articolo si rileva anche come rispetto alla stessa idea del partito democratico «sono in molti a volergli addirittura togliere la patria potestà». A dover essere sinceri i presunti diritti d'autore su questa cosa che per il momento non c'è gli aveva già avanzati la Margherita. Ben misera cosa, soprattutto a leggere quanto riporta l'intervista di Chiti su l'Unità in merito alle effettive possibilità che il nuovo soggetto politico possa effettivamente vedere la luce. Secondo l'autorevole esponente Ds la nascita di un nuovo soggetto politico necessita di una scelta di «valori di riferimento, il progetto di società, i collegamenti internazionali con le forze progressiste, le regole democratiche per scegliere la classe dirigente e i candidati alle elezioni» e sulla base di tutto ciò saranno i congressi dei singoli partiti ad avviare una fase costituente «e se tutto questo percorso sarà positivo, ci sarà il nuovo partito». «Tenendo conto dei passaggi che dicevamo - continua Chiti - potremmo darci come scadenza quella delle europee del 2009». Quindi se il partito si farà ciò sarà dopo la fine della parabola politica prodiana.
Caro Prodi fattene una ragione, anche nella remota e malaugurata ipotesi, pur sempre possibile in democrazia, che il centrosinistra vinca le elezioni del 9 aprile, devi sapere e soprattutto lo devono sapere gli italiani, che per te è pronto il medesimo copione del 1998. Appena non sarai più utile ai tuoi «alleati» sari scaricato ma questa volta non ti troveranno un nuovo posto di lavoro in Europa. La verità è che Prodi non è mai stato un leader, al massimo un prestanome per la sinistra che vuole ritornare al potere.

16 gennaio 2006

Partito democratico: Ds e Margherita gelano Prodi

La partita tutta interna alla sinistra su come, quando e perché dovrebbe nascere il partito democratico è lungi da essere chiusa, anche perché c'è di mezzo la meno ideologica ma più concreta battaglia sulle «quote Prodi», ovvero sui posti sicuri nelle liste proporzionali per gli uomini del Professore. Oggi Unità e Corriere della Sera danno nuovamente ampio risalto alla questione riprendendo quanto detto ieri da Prodi in occasione del congresso straordinario del minuscolo partito dei Repubblicani europei e in una lettera rivolta agli elettori delle primarie pubblicata su Repubblica. Il giornale dei Ds titola: «Partito democratico. È braccio di ferro», il quotidiano di via Solferino ha un titolo non molto differente: «Partito democratico, scossa di Prodi». Persino le foto di Prodi sono le medesime, tuttavia nei contenuti le differenze si percepiscono chiaramente, con il secondo giornale più completo nel descrivere il quadro della situazione.
L'Unità apre l'articolo con la proposta di Prodi sulla lista unitaria anche al Senato che ha affermato: «o si corre con bandiere veramente unitarie o è meglio che ciascuno vada con la propria». Viene quindi citato anche l'articolo di ieri apparso su Repubblica relativo alle prospettive e le difficoltà del listone, sottolineando la parte in cui si è affeto che le ultime polemiche «hanno favorito il ritorno prepotente dell'identità Ds che hanno serrato le fila e ribadito la propria diversità».
Molta enfasi viene data alla risposta congiunta Ds-Margherita a quello che viene definito come «l'ultimatum di Prodi». A metà pomeriggio di ieri, con un giro di telefonate che coinvolgeva anche i leader, ecco che dalle agenzie stampa esce il comunicato dei coordinatori Chiti e Franceschini che viene riportato integralmente: «Ds, Dl e Prodi candidato alla presidenza del Consiglio, hanno preso la decisione di presentarsi con i simboli di partito al Senato, con quello dell'Ulivo alla Camera e di dare vita dopo le elezioni a gruppi unitari in Parlamento come ulteriore passo della costruzione del partito democratico. È questa scelta e non la riapertura di un dibattito sugli assetti organizzativi che, insieme all'impegno per approvare nei prossimi giorni il programma per il governo, risponde alla domanda di unità posta anche dai cittadini».
Vengono anche citati Angius e Mussi, che sottolineano come a tre mesi dalle elezioni non debbano essere inventate nuove formule e nuovi partiti volendo rivedere decisioni già prese. Il Dl Fioroni è anche più esplicito nell'attacco a Prodi, ammonendo che «non c'è più tempo per le formule organizzative, serve saggezza a partire da chi ha più responsabilità». Ds e Margherita rispediscono quindi al mittente la minaccia di presentare una lista «Prodi» in mancanza di una lista unitaria al Senato.
Sul Corriere della Sera viene registrato lo stop congiunto all'accellerata di Prodi, sottolineando maliziosamente il retroscena di questo ritrovato asse tra le principali forze dell'Unione. Viene citato un patto tra Rutelli e Fassino che sarebbe stato siglato in un incontro avvenuto domenica scorsa nell'abitazione romana del presidente Dl. Il patto sarebbe basato su «un reciproco scambio di promesse. Il presidente della Margherita non avrebbe più insistito sulla vicenda Unipol e, in cambio, il segretario dei Ds non avrebbe assecondato i prodiani nella loro idea della lista unica al Senato». Ecco quindi spiegato il gelido comunicato stampa congiunto Ds-Margherita. In occasione della partecipazione al congresso dei Repubblicani europei, Prodi ha anche affermato come «l'Ulivo non è un cartello esclusivo», volendo in questo modo rimarcare il proprio ruolo in un momento in cui sembra apparire messo nell'angolo dagli alleati.
Vedremo quindi nei prossimi giorni se lo spauracchio del Professore sulla presentazione di una lista propria si mostrerà unicamente funzionale al riconoscimento di un peso maggiore nell'ambito della coalizione di centrosinistra o, al contrario, il dibattito si sposterà sul serio su quelli che potrebbero essere i contenuti del fantomatico partito democratico. Però ora l'impressione è che sia valida la prima ipotesi, ovvero quella di una meschina battaglia per qualche posto in più nelle liste elettorali per i suoi amici.

13 gennaio 2006

Allucinazioni da partito democratico

Il Corriere della Sera di oggi rilancia con forza il tema del superamento dell'assetto politico del centrosinistra attraverso un articolo a firma di Pierluigi Battista in prima pagina e uno di Francesco Verderame a pagina 6. Naturalmente stiamo parlando della creazione del Partito democratico, da costruire preferibilmente alle spese dei Democratici di Sinistra, come sottolineato ancora oggi da Fabio Mussi su una lunga intervista che appare oggi su l'Unità a pagina 4. L'esortazione ai Ds a sciogliere le riserve, ad esprimere maggiore chiarezza sull'eventuale adesione al progetto di Rutelli e Veltroni si accompagna all'accusa di aver paura, di volersi arroccare «all'ombra delle antiche bandiere» come «risarcimento emotivo capace di compensare le amarezze del presente». Viene anche ricordato, come lezione da cui trarre giovamento, l'errore compiuto «quando i Ds aderirono con scarsa convinzione alla scelta prodiana di consacrare con le primarie la leadership del centrosinistra, salvo entusiasmarsi solo post factum...». Il Corriere si spinge anche più in la, arrivando a parlare di «zavorra del risentimento su un progetto unitario già molto complicato».
In effetti, di risentimento dei post comunisti verso gli alleati si può certamente parlare e l'Unità ne dà ampio risalto con la citata intervista all'esponente del Correntone. L'articolo inizia con l'accademico richiamo alla «campagna propagandistica» attribuita al centrodestra; si arriva ben presto al vero obiettivo, ovvero la forte denuncia del tentativo, da parte di «partiti, centri di potere, soggetti editoriali» di esercitare «Opa ostili alla Quercia». Queste forze sono quelle che «hanno di più messo i Ds sulla graticola». Il riferimento al quotidiano diretto da Paolo Mieli è evidente e confermato anche da Fassino, che ieri è intervenuto su Radio 24 criticando l'intervista a Napolitano apparsa ieri come «viziata da pregiudizio delle parole del senatore».
La tifoseria del principale quotidiano italiano per il partito democratico è infatti chiara da tempo, in questo va dato atto a Mussi di aver ragione. Oggi addirittura viene citato un Veltroni esaltato che vede nel Kadima israeliano «il sogno che diventa realtà, la dimostrazione che è possibile costruire qualcosa di nuovo attraverso l'abbraccio di culture e tradizioni differenti». In pratica il fantomatico nuovo partito della sinistra sarebbe il «Kadima italiano». Ora, si può anche non eccedere nell'ironizzare sul fatto che alcuni ex comunisti alla Veltroni amino importare le sigle politiche d'Oltreoceano, ma non possiamo lasciar passare questa fantasia sul Kadima senza fare alcune semplici riflessioni.
Il Kadima, che in ebraico significa «Avanti», è nato con un nome che vuole essere esplicito riferimento alla soluzione del conflitto con i palestinesi. Non si tratta quindi di un'operazione per unire tradizioni politiche differenti, come si vorrebbe fare in Italia mettendo insieme post comunisti e post democristiani. In quello scacchiere geografico ci sono problemi molto più seri che non trovare il modo per vincere le elezioni con nuove sigle e nuove geometrie politiche. Sharon ha imbastito un progetto politico coraggioso da grande statista perché si era reso conto che una grande coalizione non era sufficiente a garantire le basi per una reale integrazione, nelle differenze, tra popoli e culture in quella terra martoriata. Occorreva quindi interpretare politicamente il desiderio della maggior parte dei cittadini che vogliono convivere pacificamente con i palestinesi attraverso la creazione di un nuovo soggetto politico più coeso e unito da valori comuni. L'esperienza israeliana non dovrebbe essere confusa con i soliti tentativi di trasformismo nostrani.

Fonte: http://www.ragionpolitica.it

12 gennaio 2006

D'Alema e Fassino «sotto tutela» e l'«Opa» di Prodi e Rutelli

Oggi l'Unità dedica ben tre pagine al resoconto della Direzione nazionale dei Ds tenutasi ieri, dipingendo un delizioso quadretto famigliare in cui tutti sono d'accordo all'insegna del vogliamoci bene. Secondo quanto riportato, dopo sei ore di discussione è stato approvato all'unanimità un documento che riconosce «la sovraesposizione dei Ds sulla vicenda Unipol-Bnl» e respinge «ogni illazione calunniosa e denigratoria». Come ampiamente preannunciato dagli organi di informazione nei giorni scorsi, nel documento unitario non è presente alcun riferimento al fantomatico «Partito democratico» così caro alle ambizioni veltroniane e agli aspiranti liquidatori dei Ds, Prodi e Rutelli, che anche oggi attraverso i giornali rilanciano l'idea di inserire il riferimento al futuribile soggetto politico nella scheda elettorale per la Camera. Gli ampi stralci della relazione di Fassino pubblicati da l'Unità vogliono evidenziare come l'interesse dimostrato per la vicenda della scalata Unipol fosse unicamente legato al sostegno ideale nei confronti del movimento cooperativo, sottolineando, ad esempio, come «non è ancora del tutto riconosciuta alle imprese cooperative la piena legittimità di essere impresa». Il segretario riconosce tuttavia errori di valutazione sul tentativo di scalata e afferma: «non abbiamo prevenuto comportamenti non coerenti con principi etici».
Massimo D'Alema invece, secondo quanto riportato e come aveva già fatto in occasione della trasmissione televisiva Porta a Porta di qualche giorno fa, pone l'accento su «un deficit di riflessione», sul fatto che l'operazione Unipol-Bnl «avrebbe provocato resistenze e ostilità»: «abbiamo sottovalutato che c'era bisogno di sostegno e di alleanze. Una certa idea di autosufficienza si è rivelata azzardata». Le frasi dei due «consoli», come qualche giorno fa erano stati definiti poco carinamente da Mussi, non sono certo di chi può con credibilità smentire l'accusa di «collateralismo» mossa in primis da diversi esponenti della Margherita nei giorni scorsi. Se infatti le cooperative «rosse» sono ormai un mondo a parte rispetto al partito ex comunista, dove sta la necessità di doversi occupare della loro etica e delle loro alleanze strategiche? Se sono delle aziende come le altre ci pensi il mercato a decidere la loro sorte, perché interessarsi a loro futuro? Forse sono anche loro moralmente superiori nell'ambito delle imprese come lo dovrebbero essere i Ds nel mondo politico come ancora ribadito da Mussi?.
Al di la della poco convincente autodifesa dei due leader, il fatto politico della Direzione è nell'aver messo sotto tutela Presidente e Segretario sfruttando la loro posizione di relativa debolezza. Fassino e D'Alema sono infatti, secondo le dichiarazioni di Mussi e Napolitano, «un patrimonio da tutelare attraverso una gestione più collegiale». L'esponente del Correntone attacca anche alcuni alleati del centrosinistra che starebbero muovendo «Opa ostili» nei confronti dei Ds.
L'organo collegiale diviene la presidenza della direzione nazionale di cui ora fanno parte: Giorgio Benvenuto in qualità di presidente, Massimo D'Alema, Piero Fassino, Gavino Angius, Fulvia Bandoli, Antonio Bassolino, Pier Luigi Bersani, Vannino Chiti, Giovanna Meandri, Maurizio Migliavacca, Enrico Morando, Fabio Mussi, Pasqualina Napoletano, Barbara Pollastrini, Cesare Salvi, Marina Sereni, Livia Turco, Walter Veltroni, Luciano Violante, Nicola Zingaretti.
L'intervento di Napolitano è in realtà molto più duro di quanto riporta l'Unità. Sul Corriere della Sera, a pagina 3, il senatore a vita oltre a parlare di tutela, in relazione all'intervento di Fassino, sottolinea come fosse caratterizzato da «accenni forse troppo difensivi ed elusivi». Infine ha rimarcato la necessità di «rinnovare i rapporti tra la sinistra e il movimento cooperativo». Nei prossimi giorni vedremo se i Ds mostreranno la necessaria compattezza, per ora solo sbandierata, che consenta loro di resistere agli agguati dei loro alleati.

Fonte: http://www.ragionpolitica.it