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Web Blog delle Libertà

31 marzo 2006

Il partito delle tasse contro il partito del popolo

In questi giorni le forze politiche aderenti al Partito popolare europeo sono riunite a Roma. Il dibattito non può che riguardare la riflessione sul ruolo che i moderati devono avere nel rilancio dell'Europa e sulla natura stessa del partito. Berlusconi, che del Ppe ne è autorevole rappresentante, ha ribadito ieri la sua ferma volontà di completare quel progetto di rinnovamento della politica italiana iniziato con la creazione di Forza Italia e che deve condurre al partito unico dei moderati: il Partito del popolo e della libertà che deve essere la sezione italiana del Ppe. Una forza politica in grado di rappresentare la grande maggioranza degli italiani, inclusi quelli che hanno votato in passato o potrebbero votare per qui partiti che hanno scelto l'abbraccio soffocante e contro natura degli eredi politici del comunismo.
Cruciale il rapporto con la Chiesa che dovrà avvenire in un'ottica di dialogo, sulla base della comune condivisione di quei valori come la famiglia e il rispetto della vita che appartengono alla maggior parte dei cittadini, laici o cattolici che siano. «Valori irrinunciabili» come ribadito anche ieri dal Papa in occasione degli incontri avuti con gli aderenti del Ppe. Il Ppe riconosce in Forza Italia e nell'Udc i veri rappresentanti del popolarismo in Italia e, dato politico di assoluto rilievo, sembra rigettare come fosse ormai un corpo estraneo il partito di Mastella che ha scelto per convenienza politica di allearsi coi comunisti. Da Poettering, Martens e Sarkozy, rispettivamente capogruppo del Ppe, Presidente del Ppe e ministro degli Interni francese, probabile prossimo successore di Chirac all'Eliseo, arrivano puntuali e coerenti gli auguri di vittoria elettorale a Berlusconi. Questo rappresenta il riconoscimento pieno della leadership italiana del Premier nell'ambito dello schieramento dei moderati, un ruolo ormai acclarato anche da parte dei principali esponenti del popolarismo europeo.
A dieci giorni dalle elezioni quanto avvenuto ieri rappresenta un vero e proprio terremoto politico che abbatte quelle mura di ambiguità innalzate a protezione della coalizione dell'Unione e di cui Prodi ne è massimo portavoce. Inutili appaiono i tentativi della maggior parte della stampa italiana - Unità soprattutto e Corriere della Sera parzialmente ne sono alcuni esempi - di mettere in evidenza eventuali gelosie interne al centrodestra per coprire l'assoluta inadeguatezza del progetto politico del centrosinistra. L'Unione non vive sulla terra ma in un limbo politico che non le permette di riconoscersi in nessuna famiglia politica dell'Europa. Coloro che si definiscono europeisti solo quando c'è da recitare il ruolo dei camerieri di Francia e Germania sono definitivamente, agli occhi degli osservatori e dei politici stranieri, un gruppo di personaggi e di filiere partitocratriche totalmente incapaci di rappresentare un'idea di Europa, di politica estera e di politica sociale definita e credibile.
Ciò che unisce i partiti dello zoo dell'Unione è rappresentato unicamente dalla volontà di aumentare le tasse a tutti, soprattutto a chi rischia ed intraprende generando la ricchezza delle piccole e medie imprese. I vari leaders del centrosinistra continuano a fare annunci smentendosi e rilanciando reciprocamente sulla politica economica, le tasse, le unioni di fatto senza riuscire a fornire numeri credibili all'elettorato. I diessini addirittura, come spesso accade quando non sono in grado di dare risposte e vogliono delegittimare gli avversari politici in perfetto stile stalinista, accusano di immoralità il ministro Tremonti per aver messo in evidenza la loro reale volontà in termini di politica fiscale: aumentare il peso fiscale di tutti (rivalutando gli estimi catastali, colpendo le rendite e i conti correnti, aumentando le tasse alle piccole e medie imprese) allo scopo di diminuire i costi delle grandi imprese dei colleghi di Montezemolo e Della Valle con, a nostro avviso, la complicità della Cgil che nell'ipotesi di un eventuale governo D'Alema-Prodi dovrà garantire la «pace sociale» all'interno delle aziende. Gli elettori moderati possono da oggi meglio comprendere come Udeur e Margherita, alleandosi coi comunisti, non siano forze riconosciute dal mondo politico europeo come autentici rappresentanti della grande famiglia del popolarismo.

29 marzo 2006

L'Unità difende la Cina maoista

Silvio Berlusconi, in occasione del suo intervento alla convention di Napoli, ha fatto riferimento ad alcuni gravi episodi che sono accaduti durante il regime di Mao Tse Tung, pronunciando la frase: «nella Cina di Mao i comunisti non mangiavano i bambini, ma li bollivano per concimare i campi». Una frase forte, pronunciata riferendosi ovviamente ad un passato lontano, ma utile per porre l'accento sui rischi sempre presenti quando vi è l'ipotesi che in un qualsiasi Paese del mondo i comunisti arrivino al potere. Il Premier ha messo bene in evidenza, grazie ad una frase di effetto e verità, come l'ideologia comunista al potere possa far degenerare qualsiasi nazione, anche quelle con una ricchissima tradizione storica e culturale come la Cina, in un regime dove il pensiero dominante diviene quello che porta a considerare i singoli individui come pedine e non persone, sacrificabili per gli interessi della collettività e dello stato.
Certamente l'Italia del 2006 non è la Cina degli anni cinquanta. Ma tante possono essere le forme di condizionamento e di restrizione della vita democratica. Gradi di libertà inferiore si potrebbero avere qualora, ad esempio, l'intero mondo dell'informazione finisse sotto il controllo di una sola parte politica, stesso ragionamento per la scuola, per la magistratura, per il sistema degli intrecci economici e sindacali. Il centrosinistra, anche questa volta, ha voluto strumentalizzare l'intervento del Premier a fini elettorali, crediamo tuttavia che in questo periodo di difficoltà economiche il gioco possa rivelarsi un boomerang. Diciamoci con franchezza che, considerati i problemi legati all'immigrazione clandestina e alla concorrenza sleale delle merci asiatiche, difficilmente un cittadino italiano possa provare un affetto spasmodico nei confronti del grande Paese asiatico. Questo sentire diffuso può essere discutibile, ma resta un fatto innegabile.
L'Unità, oggi, dedica molto spazio alla frase di Berlusconi, per confezionare la tesi politica di un Presidente del Consiglio che «scredita l'Italia nel mondo» come ha affermato Prodi. Evidentemente, per chi è figlio dell'ideologia comunista, parlare di storia è a volte sconveniente. Probabilmente per questo motivo, i libri di testo scolastici hanno taciuto per molti decenni quella parte di verità, scomoda al disegno di conquista del potere in Italia, su cosa sia stato il comunismo nel mondo. Il giornale diessino va però oltre al semplice attacco al nemico politico da abbattere e tenta di negare, o quantomeno screditare, la verità storica alla base delle affermazioni di Berlusconi. «Berlusconi fa arrabbiare anche la Cina», secondo l'Unità che definisce «ingiurie» le frasi pronunciate dal Presidente del Consiglio. Il meglio o il peggio del negazionismo storico viene raggiunto con l'articolo di Bruno Gravagnuolo dal titolo: «Il Libro nero del Premier» che troviamo in prima pagina.
Viene citato il saggio di Jean Luis Margolin in cui è spiegato come il regime indusse una serie di carestie con lo scopo di attuare una collettivizzazione di massa e, contemporaneamente, l'industrializzazione delle campagne. L'Unità sceglie di puntualizzare come le carestie fossero da sempre appartenute alla storia millenaria cinese, quindi non sbaglia chi se la prende col povero Mao considerato come promotore di vecchie tradizioni. Più avanti, arrivati al riferimento ai bambini bolliti, l'autore dell'artico sottolinea la non validità tecnica della procedura allo scopo di concimare il terreno, cercando di fare dello stupido spirito su una vicenda così tragica, nel tentativo di dimostrare la non veridicità di quanto riportato Mergolin definito «un dettaglio non confermato da altre fonti storiografiche». Infine viene affrontato il pezzo che si riferisce agli episodi di cannibalismo avvenuti durante le carestie volute da Mao definendolo «qualcosa di plausibile», tuttavia per non accusare il comunismo si fa riferimento ad episodi analoghi avvenuti nella Russia zarista.
Ancora una volta la sinistra di derivazione comunista affronta con imbarazzo la storia che riguarda i suoi intrecci passati, tentando di distorcerla. Accanto a questo dobbiamo sottolineare il diverso trattamento dato agli Usa di Bush rispetto alla Cina di Mao. Solo pochi giorni fa, l'Unità faceva da grancassa alle assurde accuse di Prodi e C. all'ingerenza americana nella nostra campagna elettorale per la questione del comunicato indirizzato ai cittadini statunitensi in cui venivano accennati gli scontri di Milano ad opera dei no global dei centri sociali. Non ci resta che notare come una parte del mondo politico italiano dimostri chiaramente quali sono le sue preferenze, difendendo una vecchia dittatura sanguinaria ed essendo sempre pronta a criticare ed attaccare la più grande democrazia del mondo.

28 marzo 2006

Prodi scappa da Mediaset e offende una parte del Paese

«Chi è completamente teledipendente vota di più Berlusconi» questa è la profonda considerazione dello «statista» Romano Prodi, riportata su l'Unità di oggi, che lo ha convinto a non partecipare a nessuna trasmissione di approfondimento politico sulle reti Mediaset, persino a quella di Enrico Mentana amico di Della Valle. Un clamoroso cambio di opinione del candidato premier dell'Unione a poche settimane dalla sua proposta provocatoria di sfidare in tv Berlusconi, Fini e Casini contemporaneamente con Emilio Fede come moderatore, come sottolineato polemicamente da Antonio Polito sul Corriere della Sera di oggi. Contemporaneamente il presidente Ds D'Alema si riscopre desideroso di partecipare assieme a Berlusconi a Ballarò su Rai Tre dopo che solamente il 7 marzo si era opposto alla presenza del Premier al medesimo programma.
Qualcosa sta cambiando nelle strategie comunicative della sinistra che, evidentemente, ritiene di dover dare sempre maggiore voce ai singoli leaders di partito. Il fine è duplice: farsi una guerra interna per il voto di lista al Senato dove Margherita e Ds corrono separati, dove i Ds in particolare possono subire un danno anche a causa dell'offensiva laicista della Rosa nel Pugno; il timore che la partecipazione di Prodi a trasmissioni dove l'aspro confronto necessita che il candidato alla presidenza del Consiglio padroneggi idee chiare, ben definite e soprattutto condivise da tutta la coalizione, possa rappresentare un boomerang per l'intero centrosinistra.
Questo cambio di strategia necessita di una tesi affinché possa essere portata avanti senza che i suoi artefici possano subire accuse di codardia politica, ecco allora che gli organi di informazione della sinistra, con in testa il quotidiano diessino, attaccano la presunta mancanza di pluralismo di Mediaset evidenziando dati fasulli in riferimento ai tempi dedicati ai singoli schieramenti. Numeri che non tengono conto degli interventi istituzionali di Berlusconi in qualità di premier in occasione di eventi quali l'incontro della Confindustria o la partecipazione al Congresso americano incredibilmente non trasmesso in diretta dal servizio pubblico. Il solito doppio metro della sinistra che fa finta di non ricordare come la Rai di Zaccaria, un'azienda di tutti gli italiani, dedicasse al centrosinistra il doppio dell'attenzione data al centrodestra proprio perché ampio risalto veniva dato all'attività del Governo. Persino il segretario della stampa italiana Paolo Serventi Longhi ha commentato la scelta di non far partecipare Prodi alle trasmissioni di Mediaset affermando come «l'ostracismo a un mezzo di informazione o l'altro non sia mai condivisibile: i telespettatori di Mediaset meritano attenzione».
La frase sui «teledipendenti» che sarebbero più orientati a votare per il centrodestra merita grande risalto in quanto è tema ricorrente per la sinistra considerare gli elettori potenziali e reali di Berlusconi come inferiori dal punto di vista culturale o morale. L'Unità in particolare è avvezza a questo tipo di razzismo intellettuale e nel recente passato noi di Ragionpolitica.it abbiamo evidenziato più volte questo atteggiamento pericoloso per perché tende a spaccare il paese. Gli spettatori delle reti del Biscione sono cittadini che meritano lo tesso rispetto e la stessa considerazione di quelli che guardano la Rai e le televisioni regionali e hanno il diritto di sentire cosa ha da proporre loro entrambi i candidati a palazzo Chigi. Se Prodi fosse un politico e una persona coerente ci dovremmo aspettare a questo punto una rinuncia alla partecipazione al secondo faccia a faccia con Berlusconi previsto per il 3 aprile presso lo studio ovattato, tipo sala operatoria, approntato dal servizio pubblico.
La verità è che a pochi giorni dalle elezioni la sinistra non è più così convinta di vincere e cerca di preservare il suo candidato dai confronti politici con gli avversari che possono godere, a differenza di quanto avviene dnell'Unione, di idee e una visione comune della società e del mondo.

24 marzo 2006

Prodi attacca Berlusconi e gli Usa per coprire i suoi no global

L'allarme sicurezza lanciato dagli Stati Uniti ai propri connazionali che si trovano o sono i procinto di recarsi in Italia è stato accolto in maniera molto scomposta dalle truppe cammellate del giornalismo militante di sinistra alla Furio Colombo che hanno subito sparato a zero contro gli Usa accusando l'amministrazione Bush di ingerenza nella campagna elettorale italiana. Questo teorema surreale è stato fatto proprio da Prodi che ieri, forse anche per dimostrare a se stesso di essere un leader, ha ritenuto bene di prendersela con l'ambasciatore americano a cui ha chiesto «spiegazioni».
Il portavoce del Dipartimento di Stato Americano, Sean McCormick, ha smentito ieri sera l'assurda accusa di ingerenza negli affari italiani, ribadendo la sostanza del comunicato e come sia «responsabilità» del governo americano «diramare questi avvisi» che «sono basati su fatti». Un altro portavoce, Amanda Rogers Harper, già intervenuta due giorni fa, ha voluto sottolineare come gli Usa non abbiano suggerito ai cittadini americani di tenersi lontani dall'Italia e soprattutto ha voluto smentire le interpretazioni delle sue affermazioni precedenti che erano subito state strumentalizzate dal circo della sinistra. La Harper ha infatti affermato che le preoccupazioni italiane inerenti il periodo della campagna elettorale erano di pubblico dominio. In pratica, i due esponenti del Governo americano hanno voluto sottolineare come gli Usa non si facciano influenzare dalle dichiarazioni di esponenti della politica italiana ma, come ovvio che sia, ragionano con la propria testa, pur cercando di armonizzare le loro dichiarazioni con quelle dei governanti dei Paesi alleati.
Gli Usa sono quindi realmente preoccupati per quanto potrebbe accadere in Italia. Infatti, un appello simile ai propri connazionali era stato lanciato all'epoca delle elezioni in Iraq e Afghansitan e dopo gli attentati in Spagna e in Inghilterra. L'Unità, oggi, presenta ai propri lettori due pagine intere costruite attorno a tre righe che compaiono sul sito dell'ambasciata degli Stati Uniti a Roma. Il contenuto è il seguente: «Il governo italiano è al corrente di questo annuncio, che corrisponde a varie dichiarazioni pubbliche rese dalle autorità italiane». Il giornale diessino, evidentemente non contento delle chiare precisazioni americane e non potendo più parlare di favori di Bush a Berlusconi, vorrebbe almeno portare a casa il risultato minimo di poter imputare al Premier di essersi lasciato andare a dichiarazioni allarmistiche che avrebbero indotto i potenti alleati d'oltreoceano a citare la guerriglia dell'11 marzo a Milano.
Il punto sta tutto qui, la sinistra vuole continuare a sminuire i gravi fatti di cui si stanno macchiando persone e gruppi collaterali ai partiti dell'estrema sinistra fondamentali per un'eventuale vittoria dell'Unione. I signori della sinistra ritengono che gli italiani siano evidentemente degli stupidi da poter convincere che la sicurezza dei cittadini del più grande e potente stato del mondo possa essere piegata ad interessi di parte della bottega italiana. Le tre righe del sito dell'ambasciata americana vogliono semplicemente affermare la volontà degli Usa di preservare i propri cittadini da rischi per la loro incolumità evitando il rischio di offendere l'orgoglio nazionale italiano. Il modo di esprimersi che il governo Usa ha scelto non può essere stravolto per gli interessi politici del centrosinistra e per un Prodi sempre più irresponsabile e sempre meno statista.

23 marzo 2006

I no global di Prodi e Bertinotti spaventano gli USA

Il presidente Berlusconi ha accusato l'Unione di avergli teso un agguato schierando «squadristi» in occasione della sua presenza a Genova. Questo episodio, dopo i fatti di Milano, assieme alla decisione del sindaco Cofferati di impedire il corteo del partito della Fiamma Tricolore e le ignobili accuse al Premier mosse dal leader del giustizialismo Violante, mostra l'evidenza della volontà della sinistra di creare un clima di odio politico ed intolleranza nei confronti del centrodestra.
I fatti visti nel loro insieme paiono essere parte integrante di quella delegittimazione politica e morale di cui la sinistra è artefice almeno dal 2002. Il tentativo di screditare sotto ogni punto di vista l'avversario politico democraticamente eletto è iniziato con le accuse di voler fare «macelleria sociale» e «leggi ad personam», con continui attacchi al leader della Casa delle Libertà considerato un «dittatore» e un'anomalia politica da annientare per ritornare al «paese normale» di dalemiana memoria. Contemporaneamente si andava costruendo anche il teorema del paese in declino, dove la gente non ha più di che vivere, dove tutti i mali sono causati da Berlusconi e dal suo governo volendo nascondere ai cittadini i mutamenti del contesto mondiale.
Ora, alla vigilia delle elezioni, siamo al capitolo finale di una strategia sciagurata di divisione del Paese che la sinistra ha voluto perseguire, volendo classificare i politici e persino gli elettori in buoni e cattivi, moralmente superiori e aventi dubbia moralità. Si possono ricordare addirittura le pagine di giornali come l'Unità in cui, spesso, si è arrivati a dipingere a tinte fosche l'elettorato di centrodestra come costituito di persone culturalmente inferiori, superficiali o mosse da egoismi nelle loro scelte di orientamento politico.
Le violenze di chiara ispirazione politica che dai fatti di Genova 2001 stanno avvelenando la vita politica italiana, sono arrivate addirittura ad interessare il Dipartimento di Stato statunitense. Un allarme rivolto ai cittadini americani presenti in Italia di tenersi alla larga dalle manifestazioni che «possono degenerare in violenza». Accanto infatti al timore di attentati organizzati da Al Qaeda, sull'esempio di quanto accaduto in Spagna pochi giorni prima delle votazioni, si aggiunge quello legato alle attività dei no global e di altri estremisti. Viene infatti citato come esempio di grave rischio per la sicurezza degli americani quanto avvenuto a Milano sabato 11 marzo.
L'allarme, resterà in vigore fino al 19 giugno, è giustificato dal vicepremier Fini. Il fatto che bandiere statunitensi e ristoranti Mc Donald's siano distrutte da esponenti dell'estrema sinistra può solo dare tristi conferme ai timori d'oltreoceano. Forte è il rischio di una perdita di immagine dell'Italia con conseguenze negative anche sul turismo. Tutto questo non preoccupa la sinistra e i suoi organi di informazione, impegnati a derubricare l'allarme a semplice aiuto elettorale di Bush nei confronti di Berlusconi. Così fa l'Unità e così lascia intendere anche Furio Colombo intervistato dal Corriere della Sera.
L'Unione, divisa su tutto, è unita solo nella spregiudicata volontà di arrivare ad abbattere Berlusconi per conquistare il potere, portando avanti un patto scellerato con le frange più estremiste ci sta regalando un anticipo degli effetti negativi che la loro eventuale vittoria porterebbe al prestigio internazionale conservato e accresciuto dal Governo Berlusconi in questi anni.

20 marzo 2006

Calabresi e Biagi, storie che dividono la sinistra

Milano e Bologna, il ricordo del commissario Calabresi ucciso da estremisti di sinistra e la commemorazione dell'anniversario dell'uccisione di Marco Biagi, sempre per mano della medesima organizzazione terroristica di estrema sinistra, dividono l'Unione mostrandone ancora una volta i limiti come coalizione. Il 15 dicembre del 1969 l'anarchico Giuseppe Pinelli moriva precipitando da una finestra della Questura, tre giorni dopo la strage di piazza Fontana. In quella piazza, che si trova a pochi passi da piazza Duomo, nel 1978 veniva posta per mano degli studenti universitari una lapide che fino a due giorni fa recitava: «A Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico ucciso innocente nei locali della Questura di Milano il 15 dicembre 1969».
Il Comune ha deciso che era venuto il tempo che le istituzioni riconoscessero ufficialmente quanto la magistratura aveva stabilito con la sentenza passata in giudicato nel 1972. Lo stesso ex giudice D'Ambrosio ricorda in un'intervista del Corriere della Sera di oggi che dall'inchiesta, seguita alla tragica morte di Pinelli, il commissario Calabresi risultò totalmente estraneo. La vecchia lapide è stata quindi sostituita da una nuova che sostituisce la parola «ucciso» con «morto». Il sindaco Albertini sostiene fortemente la decisione presa dall'amministrazione affermando che si è tratatto di «un atto dovuto» e aggiungendo «non vedo perché la memoria di Calabresi debba essere infangata da una targa che lo accusava di essere un assassino». Quelle terribili accuse di essere responsabile della morte dell'anarchico gli costarono la vita.
Per giovedì è previsto in piazza Fontana un presidio di protesta organizzato da Rifondazione Comunista e dai centri sociali che hanno intenzione di riposizionare la vecchia lapide. I Ds su questo sono divisi mentre critici nei riguardi della decisione del Comune sono anche le altre forze dell'Unione, ma solamente per quanto riguarda la scelta dei tempi a causa del periodo elettorale. A Bologna le polemiche all'interno del centrosinistra scoppiano a causa della decisione del sindaco Cofferati di non aver promosso una commemorazione pubblica in ricordo dell'assassinio di Marco Biagi. Emma Bonino della Rosa nel Pugno difende la legge che porta il nome della vittima e critica la scelta dell'ex segretario della Cgil, un tempo aspro oppositore del professore bolognese da quando collaborava con il governo attualmente in carica. Rutelli in riferimento al comune ricordo dell'opera di Biagi, ha parlato di «ferita ancora aperta che non è stata e non può essere chiusa».
Critiche a Coffertati vengono mosse anche da Stefania Craxi e Pier Ferdianndo Casini che parlano rispettivamente di sinistra che «dopo aver aggredito verbalmente Biagi da vivo, fino a provocarne la morte, oggi vuole ucciderne il lavoro» e di «un'ennesima dimostrazione di come una parte del Paese voglia rimuovere una memoria scomoda» come riportano l'Unità e il Corriere della Sera.
L'Unione è quindi profondamente divisa sia sul passato che sulla storia recente oltre che sulle proposte per il futuro, mostrando chiaramente e per l'ennesima volta, quanto una parte consistente delle forze politiche e degli uomini che la caratterizzano siano lontani anni luce da poter rappresentare e governare l'Italia in un periodo storico in cui l'unità vera del paese è condizione fondamentale per vincere le sfide del futuro. Una sinistra che si divide anche sulle targhe e le commemorazioni, su quella che dovrebbe essere una memoria storica unanimemente riconosciuta ed acquisita da un popolo, indica quanto lunga sia ancora la strada che la divide dalle moderne forze del socialismo europeo.

17 marzo 2006

La sinistra ora teme la piazza

In occasione della fiaccolata che si è tenuta a Milano per condannare i gravi fatti di sabato scorso, si è assistito ad una notevole partecipazione di cittadini. Oltre cinquemila persone hanno sfilato nonostante l'orario serale. Per quanto concerne la presenza dei vari esponenti politici, annunciata dai vari partiti di centrodestra e centrosinistra, si è assistito ad una notevole sproporzione tra le parti politiche. Pochi gli esponenti di peso dell'Unione, solo un paio di deputati, hanno partecipato ad una manifestazione che richiedeva coraggio politico.
I giornali oggi, a partire dal l'Unità che titola in prima pagina «Milano, l'agguato della destra», pongono in generale l'accento sulla colorita partecipazione di alcuni militanti di AN guidati dall'eurodeputato Romano La Russa. Si tende a descrivere l'evento di ieri come una manifestazione nella manifestazione, giustificando in questo modo il forfait dell'ultimo momento di Prodi e Fassino. Assenze per le quali il presidente di confcommercio Sangalli si è detto dispiaciuto. Grande accoglienza a suon di «forza Silvio» al passaggio del premier e della sua scorta a fianco del corteo.
Chi scrive era presente alla fiaccolata nella veste di cittadino ma anche di consigliere della circoscrizione 3, il territorio colpito dai teppisti provenienti da alcuni centri sociali. L'impressione che si è avuta fin dall'inizio della manifestazione non era delle più positive. Mi riferisco alla tendenza di molti esponenti politici di marciare riuniti per gruppi di appartenenza, comportamento generalizzato e non solamente riferibile ad Alleanza Nazionale, ma che non ha riguardato Forza Italia. Alcuni quotidiani, come ad esempio il Corriere della Sera, hanno infatti sottolineato la volontà dell'ex prefetto, ora candidato sindaco dell'Unione, Bruno Ferrante di marciare distante dal sindaco e dalla collega candidata Letizia Moratti. Tuttavia l'evidenza più netta anche se meno clamorosa si è avuta nel constatare la totale assenza dei rappresentanti del centrosinistra tra chi sorreggeva lo striscione istituzionale del consiglio di circoscrizione. Le stesse persone che solo alcuni giorni fa non avevano votato il documento di condanna delle violenze, ragione di questa manifestazione, preferivano marciare più avanti assieme a Ds e Cgil.
I giornali si sono quindi concentrati su un'analisi, per la verità anche parziale, sulla presenza delle forze politiche ma occorre anche e soprattutto parlare di semplici cittadini. Questi erano ovviamente la maggior parte delle persone presenti e hanno sfilato fino alla fine senza avvertire alcun disagio per gli slogan contro Prodi e Ferrante, a differenza di quanto scrive l'Unità che si inventa letteralmente «cittadini e commercianti» che si sarebbero «presto spostati ai margini della via». Al contrario, posso rammentare diversi sorrisi e frasi di condivisione nei riguardi degli «attacchi» all'incoerenza degli esponenti del centrosinistra.
Ciò che è emerso ieri con evidenza sembra indicare, oltre all'evidente imbarazzo a partecipare ad un evento di condanna nei riguardi di aderenti al corteggiato mondo dei centri sociali, una certa insofferenza ed incapacità della sinistra a partecipare a manifestazioni non egemonizzate politicamente dalla propria parte. Per tutti è facile ricordarsi le migliaia di persone portate nelle piazze e nelle strade quando di è trattato di attaccare il governo sulle riforme da esso portate innanzi, da quella della scuola a quella del lavoro. Diversamente accade quando ci si mescola alla gente comune non politicizzata, che sentendosi minacciata e offesa dai teppisti chiede unicamente maggiore attenzione per se stessi e per le loro attività commerciali. A Prodi e Fassino va detto che aspirare ad essere uomini di governo, non soltanto di claque partitica, significa avere il coraggio di beccarsi anche gli insulti, contrariamente è meglio cambiare mestiere.
Intanto i fratelli gemelli Ds-Cgil, a conferma dei problemi interni alla sinistra, dichiarano di non voler aderire alla manifestazione contro Bush e la guerra in Irak indetta da quel 20% dell'Unione, amica dei no global e dei centri sociali, che va sotto il nome di Rifondazione Comunista-Pdci-Verdi, prevista domani a Roma. Infatti, come anche afferma il quotidiano diessino, vi sarebbe il forte rischio di «strumentalizzazioni politiche». Alcuni esponenti dell'Unione per nascondere le proprie divisioni arrivano ad affermare sul quotidiano di via Solferino di temere «qualche provocatore». Questa campagna elettorale sta mettendo sempre più in evidenza le profonde divisioni all'interno dell'Unione che si traducono nell'incapacità di dialogare con la gente normale, fatto evidenziato dalla mancanza di volontà di marciare uniti, non solo in senso figurato, nella difesa degli interessi dei cittadini e del paese.

15 marzo 2006

Gli autori della guerriglia di Milano assolti dall'Unione

In seguito ai gravi atti di guerriglia urbana che hanno stuprato Milano sabato scorso, quasi tutte le forze politiche di sinistra hanno preso, a parole, le distanze dagli autori delle devastazioni e delle violenze. I vari leaders, temendo conseguenze sul piano elettorale, si sono, infatti, affrettati a dissociarsi dai gruppi che si sono resi responsabili degli atti criminali.
Domani sera, giovedì 16 marzo, per iniziativa dell’Unione del Commercio si terrà lungo il viale teatro delle devastazioni una fiaccolata allo scopo di ribadire la candanna ad ogni forma di violenza e per solidarizzare con gli aggrediti: agenti delle forze dell’ordine, commercianti e malcapitati cittadini. Sono previste le presenze dei più importanti leaders nazionali di entrambi gli schieramenti politici, dell’attuale sindaco, del presidente della Provincia e dei due candidati alle elezioni amministrative di maggio Letizia Moratti e Bruno Ferrante.
Nelle ultime ore stanno emergendo maggiori dettagli sulla premeditazione dell’assalto a Milano con chiare responsabilità di alcuni centri sociali da cui, secondo la Digos, sarebbero partiti i manifestanti già attrezzati per la guerriglia. Secondo quanto riporta il Corriere della Sera di oggi, i pubblici ministeri, raccolte le testimonianze e i filmati degli scontri dalle forze dell’ordine, sarebbero convinti della piena responsabilità della maggior parte delle persone arrestate subito dopo gli scontri. Si parla di reati che comportano pene tra gli 8 e i 15 anni di reclusione.
Per manifestare a favore del rilascio immediato degli arrestati, dopo il presidio di domenica davanti al carcere di San Vittore a cui ha partecipato anche un consigliere provinciale di Rifondazione Comunista, è stato organizzato ieri un picchetto al liceo scientifico Tenca da parte del collettivo studentesco (di sinistra) a cui si oppone questa mattina un contro-picchetto voluto dal comitato dei genitori di chi vuole continuare a frequentare le lezioni. Il questore Scarpis ha intanto vietato il corteo dei centri sociali previsto sempre per la giornata di giovedì per solidarizzare con i “manifestanti” di sabato, autorizzando unicamente un raduno davanti al carcere milanese.
L’emergere di fatti e responsabilità ben precise ha fatto perdere le staffe alla sinistra, il Ds Violante ha infatti deciso di accusare il governo per quanto accaduto cercando in questo modo di allontanare dalla testa dei cittadini l’ipotesi che vi sia un legame politico tra gli ambienti da dove provengono i teppisti e alcuni partiti dell’Unione.
L’ex presidente della Camera, attraverso l’ampio spazio a lui dedicato da l’Unità, sostiene che i fatti di sabato si sarebbero potuti prevenire in quanto come confermato dalla Digos l’organizzazione della manifestazione non autorizzata era in preparazione da una decina di giorni. Violante, nel tentativo grottesco di ribaltare la realtà come da scuola comunista, dimentica che gli agenti delle forze dell’ordine si erano schierati in maniera massiccia in corso Buenos Aires e proprio grazie al muro umano da loro eretto gli scontri non si sono propagati a tutta la zona.
A confermare quanto l’Unione non intenda realmente dissociarsi dai centri sociali responsabili dei gravi fatti di Milano ci hanno pensato, oltre al consigliere provinciale di Rifondazione che sostiene il presidente diessino della Provincia, tutti gli eletti della sinistra al Consiglio di Circoscrizione 3.
In occasione della seduta consigliare di ieri la maggioranza di centrodestra ha presentato un documento di condanna "dei gravissimi fatti accaduti la mattina di sabato 11 marzo in corso Buenos Aires e vie limitrofe, causati da appartenenti ad alcuni centri sociali sia milanesi che di altre città, allo scopo di impedire l'agibilità politica di una formazione di destra". Nel testo venivano espresse anche le ragioni che sono alla base dell’adesione dei leaders della sinistra alla fiaccolata di domani in quanto si veniva espressa "la propria solidarietà a tutti coloro, forze dell'ordine, commercianti e cittadini, che sono stati vittime di tali episodi, ed in particolare ai bambini coinvolti nei gravi atti di vandalismo". Venivano definiti "i gravissimi episodi delinquenziali di violenza, teppismo e guerriglia urbana, totalmente estranei ai valori ed alla prassi politica della secolare tradizione cattolica, liberale e socialista di Milano, valori e prassi che hanno fatto di Milano città medaglia d'oro alla resistenza e fermo baluardo ai terrorismi di ogni matrice". Il documento concludeva condividendo la "decisione dell'amministrazione comunale di costituirsi parte civile nel processo contro gli autori dei suddetti episodi di violenza, teppismo e guerriglia urbana, al fine di ottenere il giusto risarcimento dei danni morali e materiali provocati alla nostra città ed ai nostri concittadini" indicando anche l’adesione dell’istituzione del decentramento milanese "alla manifestazione-fiaccolata indetta dall'Unione del Commercio per giovedì 16 marzo".
Quando vi è stato il momento di votare il documento, che come indicato non conteneva alcun attacco alla sinistra e nemmeno accuse di vicinanza politica con i responsabili delle violenze al punto che nemmeno il termine "sinistra" veniva citato nello scritto, l’Unione ha abbandonato l’aula rendendo in questo modo impossibile la votazione.
Questo grave episodio avvenuto in una sede istituzionale, competente per territorialità a trattare le problematiche i fatti del viale teatro degli scontri, dimostra in maniera cristallina l’assoluta volontà della sinistra di non rompere con il mondo dei centri sociali inclusi quelli che si dedicano alla guerriglia urbana.
Ci chiediamo con che faccia gli esponenti dei partiti di questa sinistra avranno la spudoratezza di partecipare al corteo di giovedì affianco a chi è stato offeso e danneggiato da coloro che hanno assolto politicamente.

13 marzo 2006

Guerriglia a Milano: la sinistra tenta di scaricare la propria responsabilità

Corso Buenos Aires, Sabato mattina. La via dello shopping per antonomasia diventa il teatro di un'azione di guerriglia che riconduce la mente ai fatti di Genova del 2001. Un sole intenso dà il benvenuto alle numerose famiglie rimaste a Milano per il fine settimana che, in attesa di pranzare finalmente tutti insieme dopo una settimana di lavoro, passeggiano guardando qualche vetrina iniziando a pensare agli acquisti primaverili. Nel pomeriggio è previsto un corteo autorizzato del partito Fiamma Tricolore come è normale che accada in epoca di campagna elettorale. Genitori, mano nella mano con i propri figli, entrano nei bar e nei fast food per fare uno spuntino senza poter immaginare quanto sta per accadere.
Sono quasi le 12.00 quando diverse decine di persone incappucciate e munite di zaini sbucano dalle vie laterali e iniziano a radunarsi come un branco nel grande viale. Poco dopo, il cielo da azzurro si fa grigio e poi nero a causa del fuoco appiccato ai cassonetti. Il fumo serve a creare un diversivo per il branco che inizia a incendiare anche alcune auto parcheggiate lungo il corso. Questo non è tuttavia abbastanza per coloro che vogliono manifestare la propria contrarietà al diritto di espressione garantito da ogni vera democrazia. Infatti, poco dopo viene preso d'assalto con bottiglie molotov un centro di propaganda di Alleanza Nazionale, le vetrine di alcuni negozi e naturalmente non può mancare l'assalto con bombe carta imbottite di chiodi alle forze dell'ordine, preventivamente schierate, e ai soliti McDonald e Nike odiati simboli del capitalismo americano.
Dopo alcune ore le forze dell'ordine hanno ristabilito la sicurezza, fatto intervenire i vigili del fuoco e arrestato una quarantina di persone, accusate di devastazione e saccheggio, resistenza e violenza a pubblico ufficiale. Trattasi per metà di aderenti ad alcuni centri sociali milanesi. I fatti di Sabato sono di una gravità assoluta e rappresentano un ennesimo episodio di violenza politica da parte di ambienti collegati ad alcune forze politiche dell'Unione. Evidentemente non bastava quanto accaduto solo pochi giorni fa a Padova quando 150 disobbedienti avevano causato tafferugli nel tentativo di impedire un'altra manifestazione democratica, quella volta della Lega Nord. Il 12 gennaio fu la volta invece di Bergamo, il pretesto per incendiare le auto era una protesta contro il sistema carcerario. Tiepide condanne anche per l'occupazione di uno stabile situato a pochi passi da corso Buenos Aires avvenuta a novembre da parte di un gruppo di cittadini di origine africana, sotto la regia dei centri sociali milanesi e dell'associazione Action che a Roma gode dei finanziamenti della giunta Veltroni.
La violenza dei no global sembra quindi essere, più che un fatto accidentale, un modello di lotta politica organico alla sinistra, come giustamente ha fatto rilevare anche il candidato sindaco Letizia Moratti. In quest'ottica dobbiamo considerare anche le proteste delle frange estreme dei cosidetti no Tav, le proteste contro degassificatore bloccato in seguito dalla giunta Vendola, la centrale Enel contestata a Civitavecchia con blocchi sulla Via Aurelia. Oltre a quanto detto occorre fare un ragionamento anche sul rapporto che gli atti di delinquenza politica hanno con il tipo di campagna elettorale portata avanti dall'intera Unione. I leader cosiddetti moderati della sinistra si sono resi infatti protagonisti in questi anni di governo del centrodestra della demonizzazione degli avversari politici indicati troppo spesso come «pericolo per la democrazia» oppure, come nel caso specifico di Berlusconi, «responsabili dello sfascio dell'Italia». Tutto questo non fa altro che legittimare indirettamente i violenti.
Dopo i fatti di Milano ci si dovrebbe attendere un cambio di rotta da parte dell'Unione nei toni e soprattutto l'isolamento e l'esclusione dallo schieramento delle frange più estreme. Al contrario stiamo assistendo in questi due giorni ad un vergognoso tentativo di smarcarsi politicamente dai protagonisti dei fatti milanesi. Le conseguenze sulla campagna elettorale sono il primo pensiero dei Ds. L'Unità di ieri dedica due pagine alla guerriglia milanese, che esordisce cercando di scaricare ogni responsabilità sui «black-bloc venuti da fuori». Vengono riportate le dichiarazioni di alcuni dirigenti locali di Rifondazione che parlano di gente venuta dall'estero con «presenze isolate» dei centri sociali milanesi. Vi è anche il tentativo irresponsabile di equiparare i teppisti con i manifestanti della Fiamma attraverso un accostamento di due foto in prima pagina.
Il giornale diessino, essendo già rosso non lo può divenire per la vergogna, si spinge oltre alludendo ad una possibile regia esterna. L'intervistato d'eccezione di ieri, il presidente della Provincia di Milano Penati, non trova di meglio da dire che polemizzare con la giunta milanese sostenendo come il disagio sociale dei giovani a Milano sia figlio di colpe e mancanze del centrodestra. Tesi da scarica barile di chi fa finta di non conoscere quanto sia stato fatto a Milano per promuovere l'associazionismo giovanile anche attraverso la realizzazione di centri giovani finanziati dal Comune, affermazioni persino smentite da chi sullo stesso quotidiano parla di gente venuta da fuori per scaricare ogni responsabilità. Parole di chi, confuso dalla campagna elettorale e da quasi due anni alla guida dell'Ente provinciale, si è distinto in materia di attenzione ai giovani unicamente per aver conferito il prestigioso Premio Isimbardi all'Associazione Mamme Antifasciste del centro sociale abusivo Leoncavallo, il cui leader storico Farina, già consigliere comunale di Rifondazione, è come Caruso candidato alla Camera.
Come riportato da alcuni quotidiani ma casualmente non da l'Unità, ieri un consigliere di Rifondazione che sostiene Penati, Pietro Maestri, ha partecipato alla manifestazione dei centri sociali davanti al carcere di San Vittore per solidarizzare con gli arrestati. In quest'occasione alcuni organizzatori della guerriglia di sabato hanno attribuito la responsabilità degli scontri alle forze dell'ordine che non hanno impedito il corteo della Fiamma Tricolore. La sinistra cosiddetta riformista che pretende di avere i titoli per governare l'Italia, mostra per l'ennesima volta di non avere il coraggio, avuto ad esempio da Schroeder e da Blair, di isolare gli estremisti rigettando un certo modo di fare lotta politica. Questo ostinarsi a nascondere le proprie responsabilità dimostra una carenza di senso delle istituzioni.

10 marzo 2006

Il solito giustizialismo ad orologeria dei Ds

Solo poche settimane fa i leaders dei Ds si indignavano con tutto il resto del mondo politico, Margherita inclusa, a causa delle indiscrezioni pubblicate su Il Giornale che riguardavano i rapporti tra il partito post comunista e il mondo delle cooperative rosse. Rapporti di vicinanza stretta che in alcune regioni fanno si che esista una sorta di economia drogata dalla politica. In quell'occasione il Premier, sollecitato da alcuni esponenti della sinistra, si era recato presso i magistrati romani per indicare quanto in sua conoscenza, pur sottolineando l'assenza di notizie di reato. Ad un mese esatto dalle elezioni ecco arrivare la notizia dell'indagine promossa dalla magistratura milanese sul caso delle intercettazioni romane che coinvolgerebbero il ministro Storace. Molti, che vogliono continuare a credere ad una magistratura indipendente dalla politica, non vogliono vedere una possibile relazione tra alcune indagini e la prossima consultazione elettorale.
Noi crediamo che la magistratura debba fare sempre e comunque il proprio dovere, sia quando ad essere indagato è Consorte sia quando si tratta di un ministro del governo attualmente e legittimamente in carica. Tuttavia, dopo aver sentito alcune dichiarazioni di ieri da parte di esponenti della sinistra e leggendo oggi l'Unità, non possiamo evitare di riconoscere il solito spirito giustizialista che da Tangentopoli in avanti continua ad inquinare la politica italiana. Giustizialismo ad orologeria evocato anche da Massimo Franco sul Corriere della Sera di oggi come risposta della sinistra al caso Unipol. Il rischio, noi diciamo la certezza, è che la sinistra voglia sollevare delle ombre sulla correttezza dell'attuale campagna elettorale e dello stesso voto.
Mentre il principale quotidiano italiano, con la sua equidistanza militante a sinistra, indica anche la possibilità che a destra si torni a parlare di congiura giudiziaria, il giornale diessino titola a pagina 2: «Governo sotto accusa. Ds: "Scenario inquietante"». Nell'articolo trovano spazio sia le notizie pubblicate dalla stampa sulla questione delle presunte intercettazioni ai danni di Alessandra Mussolini e Piero Marrazzo, sia la notizia dell'imminenza della richiesta di rinvio a giudizio del Premier per la questione delle dichiarazioni sulla compravendita dei diritti tv che coinvolge anche l'avvocato inglese Mills. Vengono anche riportate le dichiarazioni di alcuni esponenti Ds tra cui il segretario Fassino che chiede le dimissioni del ministro della Salute.
La pagina de l'Unità è confezionata in maniera tale che a lato dell'articolo vi sia anche un'intervista a Massimo Brutti che chiede al governo di rispondere politicamente sul caso Storace, sotto l'intervista, troviamo un altro articolo che ha lo scopo di utilizzare l'argomento per gettare ombre sul rischio di mancanza di trasparenza legato alla gestione sperimentale del voto elettronico evocando quindi lo spettro di brogli elettorali. Ecco ben evidenziato il teorema giustizialista dei post comunisti. La sinistra mette insieme l'indagine sugli ex collaboratori di Storace con il possibile rinvio a giudizio di Berlusconi che quindi è colpevole due volte, in qualità di indagato e in qualità di capo della maggioranza di centrodestra. Ma Berlusconi è colpevole anche una terza volta, ovvero per un qualcosa che ancora non è avvenuto ma per i Ds certamente avverrà: i brogli elettorali.
Atro che rischio come dice il Corriere della Sera, sull'Unità è già indicata la certezza della nuova strategia di una sinistra in affanno che teme di perdere le elezioni, quella di mettere in dubbio la legittimità del voto del 9 e 10 aprile. La sinistra, anche in questa compagna elettorale, mostra di voler utilizzare la giustizia a fini elettorali per la delegittimazione dell'avversario aggiungendo la nuova formula della colpevolezza preventiva. Noi crediamo che gli italiani abbiano già visto troppe volte questo film e dai prossimi trenta giorni si aspettino dai politici discussioni sui temi che realmente interessano: il fisco, la famiglia, la competitività dell'Italia. Non si tenti di coprire l'incapacità programmatica di quel casino chiamato Unione e l'inadeguatezza di Prodi con la costruzione di teoremi che non interessano la vita dei cittadini.

http://www.ragionpolitica.it

08 marzo 2006

Informazione e tv, il diritto negato dalla sinistra

Il leader dell'Unione, in occasione della trasmissione Porta a Porta andata in onda ieri sera, ha ribadito la sua volontà di non voler partecipare al confronto televisivo con Berlusconi. La scusa principale è sempre la stessa, ovvero la prevista conferenza finale del Premier sul bilancio delle cose fatte in questa legislatura. Il Corriere della Sera di oggi, che dà ampio risalto al tema dei duelli televisivi facendo una carrellata storica con riferimenti non solamente italiani, indica ulteriori paure del Professore. Il portavoce Sircana sottolinea la mancanza di «garanzie» come il «posizionamento dei candidati in studio, di posizionamento delle telecamere, di regole di regia, di tempi regolamentati per le domande». In pratica il timore dei curatori dell'immagine prodiana è quella che il loro assistito risulti più brutto e meno chiaro nel parlare del normale. Preoccupazioni che ci sentiamo di condividere anche alla luce dell'apparizione di ieri da Vespa, durante la quale rimanere svegli è stata veramente un'impresa.
Prodi era particolarmente in difficoltà quando ha dovuto parlare delle cose concrete in riferimento al programma unionista. il conduttore, ogni volta che si toccava un tema inerente l'economia o il fisco, lo incalzava con la richiesta di indicare le coperture finanziare che l'intervistato era restìo a fornire. Come riporta anche l'Unità di oggi Prodi ha reagito ad un certo punto in maniera stizzita, auspicando che anche a Berlusconi vengano fatte «domande piene di dettagli» in occasione della prossima partecipazione televisiva.
Ieri, infatti, è stata veramente dura per il candidato dell'Unione andare oltre ai proclami generici di una coalizione divisa su tutto, inclusa la concezione della società e la visione dei rapporti con il mondo. Le stesse 281 pagine del presunto programma del centrosinistra sono costruite ad arte per non dire nulla di concreto e di realmente comprensibile per i cittadini se non l'avversione a Berlusconi. Contrariamente, come si è tante volte affermato, il programma del centrodestra è comprensibile a tutti perché parla di obiettivi concreti. Non a caso Prodi ha sentito la necessità, nei giorni scorsi, di cercare di dare elementi certi all'elettorato. Impresa mal riuscita con la sparata dell'abbassamento dei 5 punti del cuneo fiscale (10 miliardi di euro) da coprire con il generico «recupero dell'evasione fiscale», ovviamente non quantificato.
Altro esempio clamoroso quello dell'aiuto alla natalità. Sulla scia del bonus bebè, inizialmente criticato aspramente, Prodi ha proposto un bonus per i ragazzi fino al termine dell'obbligo scolastico e possibilmente protratto ulteriormente in avanti come aiuto all'inserimento nel mondo del lavoro. Il riferimento è ai famosi 2500 euro, da raggiungere attraverso un lifting fiscale e cioè prevedendo la trasformazione degli sgravi e degli assegni familiari già esistenti e potenziati dall'attuale governo. Prodi è e rimane un candidato di facciata, ma non si può trascurare il fatto che sia stato scelto alle elezioni primarie, seppur in contrapposizione ad un unico vero avversario che è Bertinotti. Per questo motivo dovrebbe sentirsi in dovere di non dare l'impressione al popolo della sinistra di nascondersi per paura dell'avversario.
Oltre a questa considerazione va fatto un ragionamento sulla coerenza in termini di rispetto delle regole e del Parlamento. Prodi e la sinistra hanno voluto nella precedente legislatura la legge sulla «par condicio», al di là delle considerazioni su questo provvedimento si è pur sempre trattato di una decisione del Parlamento. Lo stesso Parlamento, come previsto dalla legge stessa, ha il compito di deliberare le forme di attuazione del provvedimento. Come si può risultare credibili agli occhi degli italiani quando si vuole utilizzare la par condicio per non fare parlare l'avversario in un contraddittorio?
Nel 2001, quando il regolamento della Commissione sulla Vigilanza non parlava dei faccia a faccia, Berlusconi chiese di potersi confrontare con il vero leader della sinistra D'Alema e non con il candidato di facciata Rutelli. L'atteggiamento di Berlusconi non fu quindi di preclusione nei confronti degli avversari. In questi giorni invece assistiamo, Diliberto escluso e per ciò contestato, alla volontà dei vari leaders della sinistra di evitare Berlusconi nelle trasmissioni televisive, indebolendo in questo modo il diritto ad essere informati dei cittadini per puro calcolo di parte, convinti come sono della capacità del Premier di parlare di cose concrete. Il Parlamento, se il boicottaggio della sinistra dovesse continuare, ha il dovere e dispone ancora del tempo necessario per valutare eventuali modifiche al regolamento di attuazione della par condicio, in modo tale che ai cittadini non sia negato il diritto di potersi costruire una propria opinione attraverso il confronto delle idee e dei leaders dei due diversi schieramenti.

05 marzo 2006

Duello televisivo Berlusconi-Diliberto

Allarme tra le file dell'Unione, soprattutto tra i diessini e i diellini, alla luce dell'intenzione del leader del Pdci Oliviero Diliberto di intervenire venerdì prossimo in un faccia a faccia con Silvio Berlusconi a Matrix su Canale 5. L'idea, come racconta il Corriere della Sera , inizia a prendere corpo quasi per scherzo in occasione di una recente apparizione sempre a Matrix in cui Diliberto affrontava il ministro Storace. La proposta di un confronto con il Premier poteva sembrare provocatoria visto che gli altri leader della sinistra stanno evitando scientificamente questa possibilità, terrorizzati come sono dalla capacità di Berlusconi di parlare alle persone di cose concrete.
Contrariamente a ciò che ci si poteva aspettare, la spavalderia di Mentana è stata invece premiata e ora qualcuno cerca di correre ai ripari. Tuttavia l'impresa di convincere Diliberto a desistere dalla sua voglia di tribuna sembra davvero impossibile e un passo indietro a questo punto significherebbe una manifestazione di subalternità agli alleati insieme ad una perdita di credibilità di chi punta a contendere a Bertinotti il consenso degli elettori di estrema sinistra. Certo che quel Mentana, amico dell'ulivista Della Valle, l'ha proprio combinata grossa. Da bravo giornalista si ricorda perfettamente l'unica volta in cui la sua trasmissione ha superato la rivale Porta a Porta, quando ospitò il Premier. Ecco allora la riflessione in alcune menti uliviste: se Diliberto «sdogana» mediaticamente il Premier come faremo noi altri a sottrarci al confronto diretto?
Il Corriere della Sera fa oggi una scheda dettagliata del personaggio Diliberto che quasi ci diventa simpatico, non certo per le sue idee, ma semmai per una certa memoria ad orologeria che un pò insospettisce. Gian Antonio Stella evidenzia le numerose contraddizioni politiche e personali note da tempo e che tentano di dare un'immagine dell'esponente comunista di persona inaffidabile ed incoerente. Certamente un messaggio rivolto a quegli elettori moderati, possibili elettori di centrosinistra, che se lo troveranno in tv e inevitabilmente cominceranno a chiedersi se l'altro, Prodi, abbia effettivamente paura di un confronto televisivo con Berlusconi. Il più grande quotidiano nazionale, diretto da un noto sostenitore del centrosinistra ed in particolare della componente ulivista, oggi più di altre volte si fa traduttore delle paure e dei sentimenti di alcune forze politiche, che per vincere le elezioni sono impegnate in una spasmodica rincorsa verso l'elettorato moderato.
Diliberto del resto ha tutto da guadagnarci nell'incontrare Berlusconi in quanto la polarizzazione estrema dello scontro tra gli schieramenti gli può portare dei vantaggi. Dal suo punto di vista bruciare una bandiera israeliana o utilizzare il Premier come catalizzatore dell'odio politico non è molto differente. Ora che i rifondatori comunisti interpretano il ruolo dei no global educati, per il Pdci possono aprirsi diverse possibilità in più per erodere il consenso ai cugini. L'incontro-scontro tra Berlusconi e Diliberto sarà un'occasione in più per i cittadini italiani di percepire le forti differenze di cultura politica e valori di riferimento esistenti tra i due schieramenti proprio grazie al fatto che il Pdci non può permettersi l'ambiguità di Prodi, Fassino, Rutelli né il finto buonismo dell'ultimo Bertinotti.

01 marzo 2006

L'invidia dell'autista del pullman

L'autista di quel pullman chiamato Unione ha avuto ieri un attacco di invidia di quelli che, ai figuranti della politica, non consente di meditare due volte prima di parlare. Ieri il premier Berlusconi è stato ricevuto da Bush presso lo studio ovale e oggi sarà chiamato a tenere un discorso al Congresso degli Stati Uniti, privilegio accordato alla coerenza e al ritrovato peso internazionale dell'Italia e al leader che ha reso possibile tutto questo.
Il Figurante del centrosinistra ha commentato la visita di Berlusconi negli USA iniziata ieri come «un viaggio elettorale, una festa d'addio così com'era stato per Aznar». Sul Corriere della Sera di oggi, Massimo Franco mette bene in evidenza la gravità di questa affermazione ricordando come «Aznar fu sconfitto sull'onda delle stragi provocate da Al Qaeda in Spagna alla vigilia del voto del 2004; e dunque l'accostamento dà i brividi». Non possiamo che essere d'accordo con Franco sul giudizio delle parole di Prodi, del resto non possiamo nemmeno stupirci di come sia capace di tali affermazioni conoscendo il personaggio. Il Professore non ha mai tifato per l'Italia sin dal tempo in cui si occupava di svendere il patrimonio dell'Iri, da quando nel 1996 accettò di truffare gli italiani attraverso l'accordo di desistenza elettorale con Rifondazione comunista, fino al suo incarico europeo in cui ha ben saputo indossare l'abito da maggiordomo di Francia e Germania.
La verità è che Prodi in questi giorni sta vedendo e ascoltando ciò che a lui non è capitato e mai potrà accadere, forse per questo ha voluto nei giorni scorsi regalarsi una consolazione preventiva con la visita di Koll. Chi aspira a rappresentare il governo del proprio paese dovrebbe gioire in momenti come quelli che stiamo vivendo. Andreotti che ha saputo governare in passato, e vivere la stessa esperienza di Berlusconi, ha commentato positivamente quanto sta accadendo affermando che «come italiani dobbiamo essere contenti del fatto che il nostro presidente del Consiglio Silvio Berlusconi possa parlare al Congresso degli Stati Uniti». Parole, quelle di Andreotti, che naturalmente non compaiono su L'Unità di oggi che invece sposa le parole anti italiane di Prodi sul paragone Berlusconi - Aznar.
Il giornale diessino non può però fare a meno di riportare ampi stralci del colloquio con Bush: gli apprezzamenti alla capacità di Berlusconi di saper rispettare la parola data, la stabilità come elemento basilare per rendere più facile «lo stabilire politiche in comune» e «il rapporto strategico importante» tra i due leaders. Frasi pesanti che tuttavia vengono interpretate con la solita e patetica tesi cara alla sinistra della «sottomissione totale» all'America. Tesi che poteva trovare una ragione all'epoca di D'Alema premier quando bombardava la Serbia al solo fine di accreditarsi nei confronti degli Stati Uniti come scrive oggi Sergio Romano...L'Unità nel suo tentativo disperato di ridurre la portata della visita americana di Berlusconi dedica mezza pagina al tentativo di denigrare la figura di Stern, il novantaseienne leader dell' «Intrepid Foundation», che oggi conferirà al nostro presidente del Consiglio il «Freedom Award». Il celebre giornalista e romanziere viene infatti appellato come «forse spia».
La verità è che ogni italiano deve sentirsi onorato di ciò che accadrà oggi. L'America, lo dimostra lo sterminato elenco di personalità che stanno accogliendo Berlusconi, ritiene preziosa l'alleanza italiana in quanto il nostro paese è oramai una forza di mediazione internazionale. Ricordiamoci infatti del ruolo avuto dall'Italia di Berlusconi nell'avvicinare la Russia all'Occidente e alla potenza d'Oltreoceano in una fase storica in cui il contemporaneo tentativo di alcuni stati europei di smarcarsi dagli alleati all'interno della Nato ha rischiato di indebolire il fronte delle nazioni libere nella guerra al terrorismo. Comprendere quale sia il timore degli USA di veder ricondotto lo storico alleato nei bizantinismi e nelle incertezze del passato con la salita al governo un personaggio ostaggio dei Comunisti, forze nemiche della libertà, è cosa fin troppo chiara.