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Web Blog delle Libertà

30 maggio 2007

No ai rifiuti campani in Lombardia senza i termovalorizzatori

(Articolo del 29 maggio)

L'incapacità della sinistra italiana di governare il problema dello smaltimento dei rifiuti non si manifesta solamente nella triste vicenda campana, in una regione umiliata dall'incapacità cronica del governatore Bassolino (esponente "in odore" di Partito Democratico) nonostante tanti anni di governo e tanti miliardi piovuti da Roma. Il commissario straordinario per l'emergenza rifiuti a Napoli, Guido Bertolaso, ha chiesto al Comune di Milano, secondo quanto dichiarano esponenti della giunta del capoluogo lombardo, un aiuto concreto per risolvere la questione.
Contemporaneamente si riaccende in Lombardia la polemica intorno allo scontro istituzionale in atto tra Provincia da una parte, Comune e Regione dall'altra, in merito all'apertura di un nuovo termovalorizzatore previsto fin dal 2000. Argomento che questo giornale aveva trattato in un articolo precedente. L'aspetto politico della questione contribuisce ulteriormente ad evidenziare come l'Unione non abbia alcuna possibilità di produrre una politica credibile anche in materia ambientale.
Abbiamo un governo nazionale di sinistra che tramite un suo commissario chiede al nord del Paese di contribuire a risolvere il problema della Campania creato da un'amministrazione di sinistra. Fin qui non ci sarebbe nulla di scandaloso, se non le parole con cui Bassolino ha di recente cercato di evitare le proprie responsabilità. Si tratterebbe, in sostanza, di una richiesta di solidarietà nazionale tra Sud e Nord, come più volte accaduto nella storia della Repubblica in occasione di particolari emergenze. Tuttavia, invece di registrare passi in avanti nell'ambito di un serio dibattito nazionale sulla questione dello smaltimento dei rifiuti che vada oltre l'emergenza in atto, compito che spetterebbe ad un governo nazionale se avessimo un presidente del Consiglio al posto di un figurante, registriamo che in Lombardia c'è qualcuno che lavora per vedere Milano diventare in pochi anni una nuova Napoli. Questo qualcuno è l'amministrazione provinciale milanese retta dal diessino Filippo Penati.
La Provincia di Milano non intende infatti prevedere, nell'ambito del proprio piano dei rifiuti, la realizzazione del secondo inceneritore nel capoluogo lombardo senza il quale entro quattro anni l'emergenza riguarderebbe anche Milano, come hanno dichiarato gli assessori comunali competenti Cadeo e Croci. All'orizzonte si profila, dunque, la possibilità, più volte dichiarata dall'amministrazione regionale lombarda, di procedere alla bocciatura del piano provinciale e, come consente la normativa, procedere di imperio all'autorizzazione della costruzione dell'impianto. Ciò dimostrando che se vi è la volontà politica i problemi si possono risolvere, a differenza di quanto accade a Napoli.
Allo stesso tempo appare in tutta la sua evidenza l'incredibile e paradossale situazione di un governo dell'Unione che cerca l'aiuto dell'inceneritore di Milano e un'amministrazione provinciale milanese dell'Unione che non vuole la realizzazione degli inceneritori! Roba da matti se non fossimo nell'Italia di Prodi e Pecoraio Scanio.
Considerata la situazione attuale occorre valutare positivamente le dichiarazioni del governatore lombardo Formigoni , che lasciano intendere che qualsiasi decisione dovesse essere presa per venire incontro all'emergenza campana, ciò dipenderà dalla coerenza politica che la sinistra sarà in grado o meno di mettere in pratica. Il che potrebbe significare: niente svolta politica sugli inceneritori, niente soccorso lombardo.

Fonte: www.ragionpolitica.it

25 maggio 2007

Sicurezza: Milano detta l'agenda della politica nazionale

(Articolo del 24 maggio)

Nelle ultime settimane Milano, grazie a Letizia Moratti e alla Casa delle Libertà, ha guadagnato la ribalta nazionale con due temi forti quali la sicurezza e il contrasto al consumo di stupefacenti. Problemi anche connessi tra loro. In una legislatura caratterizzata da un governo nazionale debole, rissoso e con poche idee la capacità politica del Sindaco milanese ha saputo intercettare le istanze reali e i bisogni del Paese grazie anche all'osservatorio privilegiato che è il capoluogo lombardo, da sempre termometro della società italiana.
Riguardo il problema della sicurezza occorre partire inevitabilmente dal ricordo della manifestazione che il Sindaco organizzò il 27 marzo con il sostegno di cittadini, comitati, associazioni e commercianti. Manifestazione a supporto della richiesta di un sensibile incremento delle forze dell'ordine. Il solo annuncio del corteo fece tremare i palazzi romani che si affrettarono ad elargire fumose promesse. La manifestazione di Corso Buenos Aires fu un evento che si accompagnò a polemiche risibili da parte di ambienti politici vicini all'attuale governo. Ci furono accuse di strumentalizzazione politica della paura delle persone, ci fu chi ritenne di dover affermare che la questione sicurezza non è materia da sindaco, come se un amministratore locale non dovesse avere a cuore uno dei bisogni primari dei cittadini. Ci fu chi, e parlo di politici, si coprì di ridicolo sfilando in un girotondo di morettiana memoria, ovvero una contromanifestazione voluta dai partiti della sinistra attorno al palazzo del Comune e alla Prefettura. Una volontà di differenziarsi dal sindaco di centrodestra con il solo intento di coprire le profonde divisioni presenti nell'Unione sulla questione non solo della sicurezza ma anche, soprattutto, del concetto di rispetto della legalità. Una sinistra sempre pronta a tollerare fenomeni quali l'immigrazione clandestina, che vorrebbe elevare al rango di legge dello Stato, e le occupazioni abusive da parte dei loro amici dei centri sociali.
Dopo quella manifestazione ebbe inizio un braccio di ferro tra Comune e Governo che si è concluso il 19 maggio, a vantaggio del Comune, con la firma del «Patto per Milano Sicura». «Con questo Patto per la Sicurezza - ha detto il Sindaco Moratti - Milano ha reso un servizio al Paese. È il frutto della collaborazione che Milano ha saputo instaurare con il Governo e tutte le altre Istituzioni. Il documento firmato prevede due punti importanti: il primo è un rafforzamento degli organici per il controllo del territorio, il secondo è una piattaforma programmatica per la revisione delle norme, con il compito di far fronte a fenomeni di degrado e disagio sociale, per integrare le politiche sociali con le politiche della sicurezza». Il patto è importante perché oltre alla concretezza «individua quelle che sono le priorità principali, come il controllo del territorio per occupazioni abusive, l'immigrazione irregolare, la droga, lo spaccio, la prostituzione e i nomadi, indicando le strade dalle quali partire. È un patto che prevede le risorse che Milano aveva chiesto. Gli uomini che verranno assegnati alla Città sono oltre 600 di cui 438 delle Forze dell'Ordine stabili e altri 200 che il governo ci ha assegnato, i quali arriveranno dalla Task Force nazionale e saranno presenti sul nostro territorio per progetti specifici già individuati». Nel documento sono state individuate le priorità di intervento e le aree dove estendere o aumentare gli sforzi. Fra le novità, è stata prevista l'introduzione di un sistema di sicurezza degli accessi, ovvero un sistema di videosorveglianza che leggerà le targhe dei veicoli alle barriere autostradali e sulle tangenziali.
Il Patto, firmato anche a Roma con un Veltroni a rimorchio della collega milanese, sarà in seguito esteso all'intero territorio nazionale. Proprio nella Capitale il ministro Amato ha dichiarato che «è un tragico errore della sinistra» pensare che «il problema della sicurezza sia un problema dei ricchi, che hanno qualcosa da difendere». Insomma, un esponente del governo Prodi arriva a dare ragione ad un sindaco di centrodestra. Brava Letizia! Ora aspettiamo di vedere quali saranno i risultati.

www.ragionpolitica.it

04 maggio 2007

Nella Stanza del Sindaco

Gabriele Albertini, Carlo Maria Lomartire
Nella Stanza del Sindaco
recensione di Gianluca Boari
(28 aprile 2007)

Presentato il 23 ottobre scorso a Milano, Nella Stanza del Sindaco - Nove anni di governo di una metropoli che cambia, rappresenta un'occasione per ripercorrere un'esperienza polico-amministrativa che ha lasciato un segno a Milano, città ritenuta laboratorio della politica nazionale. Dopo la lunga stasi vissuta per i noti fatti di Tangentopoli, Milano, partendo proprio dalla scelta di Berlusconi di candidare un imprenditore come Gabriele Albertini, ha conosciuto un nuovo slancio attraverso il ristabilimento del «flusso di scambi fra politica e ceti operosi» come sottolinea il coautore del libro/intervista Carlo Maria Lomartire.
Il racconto di Albertini, caratterizzato da un affascinante intreccio tra cronaca politica e risvolti personali che mettono in risalto la sua umanità, prende avvio dalla rievocazione dei giorni in cui, inizialmente riluttante, fu convinto da Berlusconi ad abbandonare l'attività imprenditoriale e sindacale in seno a Federmeccanica per intraprendere la strada della politica. Albertini racconta la sua esperienza, vissuta come una vera e propria missione nonostante il senso di inadeguatezza che ha sempre, almeno in parte, avvertito durante i 9 anni di mandato e nonostante i notevoli risultati che venivano progressivamente raggiunti.
Tutto ciò che viene rievocato va interpretato in base al concetto di fare politica che l'ex Sindaco condivideva e condivide con Berlusconi. Pertanto il tema centrale del libro è quello legato alla definizione di «politico» e al rapporto tra politica e i cosiddetti «poteri forti», con espliciti riferimenti a quanto vissuto direttamente nella sua esperienza di Primo Cittadino: vertenze sindacali, battaglia per il controllo di Malpensa ecc.. Albertini sottolinea l'importanza e la concreta possibilità di essere un politico di successo attraverso l'esclusivo conseguimento dei risultati, rispondendo direttamente alla collettività. Questo è il politico professionale che va distinto dal politico professionista che troppo spesso insegue gli interessi delle corporazioni e di gruppi di cittadini essendo privo di una visione globale, di ciò che dovrebbe essere l'interesse generale e bada pertanto più all'autoconservazione che a far progredire la società. Proprio questa figura di politico diviene l'interlocutore dei poteri forti in quanto più incline al compromesso.
Grande spazio, non poteva giustamente essere altrimenti, viene dedicato anche ai tanti frutti concreti e più significativi della rivoluzione albertiniana. I più celebri sono il restauro della Scala, sviluppo e internazionalizzazione della municipalizzata AEM anche attraverso la cablatura della città e l'alleanza con la francese Edf. Tutto ciò, in realtà, non sarebbe potuto avvenire se a priori non si fosse operato per cambiare il motore della pubblica amministrazione attraverso diverse iniziative tese ad ottenere maggiore efficacia ed efficienza. Le principali delle quali furono la valorizzazione della figura del «city manager» e l'incentivazione della meritocrazia attraverso l'elaborazione del Patto per Milano siglato con i sindacati, una sorta di sperimentazione locale del patto per il lavoro di Marco Biagi.
Poiché il libro è anche il racconto dell'uomo Albertini, non mancano gli aspetti più personali quali le amicizie influenti che ebbe modo di sviluppare per effetto della sua posizione. Queste persone sono: Berlusconi, Montanelli, il Cardinale Martini, Saverio Borrelli, Rudolph Giuliani. Amicizie quindi con persone molto differenti tra loro ma che in fondo, forse, con lui hanno tutte in comune il coraggio di portare avanti le proprie idee e di questo, come Albertini, ne fanno un vanto e addirittura uno stile di vita. Coloro lo seppero sostenere nei momenti decisivi dell'azione politica, quando dovette operare le scelte più difficili. Consiglio la lettura de Nella Stanza del Sindaco a tutti coloro che vogliono conoscere l'esperienza umana e politica del Sindaco che sperimentò per primo i contenuti e l'innovazione del nuovo modo di fare politica portati in campo da Berlusconi.
www.ragionpolitica.it